Anno XI 
Mercoledì 22 Ottobre 2025

Scritto da carmelo burgio
Politica
25 Luglio 2025

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Siamo alla svolta finale con la riforma della magistratura voluta dal ministro, e magistrato, Carlo Nordio. Se le cose in Parlamento andranno secondo logica – ovvero in base agli equilibri netti e consolidati della divisione dei seggi – avremo questo colpo alle correnti con la nomina a sorteggio del Consiglio Superiore della Magistratura, la separazione delle carriere, e altro.
L’interrogativo che si pone l’uomo della strada è: “Cambierà qualcosa?”
Se si prende a riferimento il quadro di situazione delineato da Luca Palamara e Alessandro Sallusti in “Il Sistema” e “Lobby & Logge”, almeno per quel che riguarda la magistratura italiana, ritengo di sì. Cambierà qualcosa. Del resto ci hanno insegnato che ad ogni azione corrisponde reazione uguale e contraria, almeno quella. Se non altro non servirà legarsi a una corrente per far carriera, o ottenere clemenza in occasione di procedimenti disciplinari.
E cambiare qualcosa, oggi, è imperativo. Non è opinione personale, avendo consapevolezza della sostanziale pulizia della categoria, ma dopo il picco positivo registrato nel periodo di “Mani Pulite”, se c’è oggi un’Istituzione in calo di affidabilità percepita, è quella togata.
Le cause, sfogliando i social che fotografano cosa pensa un popolo, possono essere ricondotte: 
al risultato di “tangentopoli”, circa 1300 condanne e patteggiamenti, ma anche circa 430 assoluzioni nel merito, senza contare il forte numero di proscioglimenti senza rinvio a giudizio;
ad alcune sentenze e “atti dovuti” contro le Forze dell’Ordine, e a favore di extracomunitari irregolari. Ricordiamo che per il cittadino medio – quello che non si fa abbindolare dall’opuscolo dei centri sociali che abolirebbe la polizia – le prime garantiscono la sicurezza, i secondi la inficiano; 
ad evidenti comportamenti di sostegno a frange estremiste, francamente difficilmente compatibili col ruolo di magistrato;
alla sempre crescente richiesta dell’uomo della strada di “far pagare” ai giudici i loro errori, nell’accusare e nel giudicare.
Interrogativo più raffinato è: “Sarà sufficiente al popolo italiano questa riforma?”
A mio parere, no. Ma è comprensibile anche che si voglia procedere per gradi.
Rimane del tutto insoddisfatta la richiesta di trovare una sanzione per gli errori, anche quando più che sviste assumono le vesti di uso politico della funzione o estemporaneità non condivise dagli stessi colleghi. E al riguardo sono il primo a dire che il risarcimento economico del danno a carico di procuratore o giudice appare improponibile. Non avremmo più condanne, o – peggio ancora – potrebbe instaurarsi un perverso processo di autodifesa, evitando di riformare sentenze che lo meriterebbero, pur di non “inguaiare” il collega. Che s’innescherebbe forse anche se si vincolasse progressione di carriera e assunzione d’incarichi di rilievo ai risultati, in termini di accuse suffragate da condanne e sentenze non cassate.
Vedo pertanto la soluzione solo in un articolato processo che richiede tempi medio-lunghi, muovendo su più piani paralleli. E in Italia sappiamo che le parallele possono convergere, ce lo insegnò la buonanima di Aldo Moro.
Un cardine imprescindibile è la selezione dei concorrenti al concorso in magistratura. Va vietato espressamente o nei fatti l’accesso a chi ha manifestato concretamente opinioni politiche estremiste, o si è legato a partiti politici attraverso formale tesseramento. Non potrà mai essere realmente terzo, e non rassicurerebbe la parte in causa d’opposto orientamento. Per far ciò occorre ripristinare l’esame della personalità del concorrente, con le informazioni di polizia. Fra l’altro verrebbe soddisfatto il principio del controllo bilanciato fra i poteri. Le informazioni e l’esame psico-attitudinale vengono effettuate per chi concorre per accedere alle Forze Armate e di Polizia, non vedo perché non possa valere analogo ostacolo per l’aspirante magistrato.
Ed è per questo che in magistratura vi è una ferma opposizione all’inserire, nell’iter concorsuale, le visite e le prove psico-attitudinali. Che invece ritengo fondamentali, proprio per individuare soggetti di minore equilibrio, portati al risentimento e al rancore personale, o a farsi sopraffare dalle proprie passioni nell’esercizio di una pubblica funzione che dovrebbe avere priorità. 
E i magistrati ben sanno che le visite psicologiche e psichiatriche – per la natura di scienza inesatta delle branche – non possono essere cassate da un T.A.R., che può invece annullare bocciature di temi o di esami orali.
E che quel tipo di accertamenti potrebbero essere sfruttati proprio per eliminare concorrenti indesiderabili. 
Sintesi: meglio un uovo oggi che un pollo domani, ma il pollo sarebbe tutt’altra cosa. Attendiamo?  

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