Economia e lavoro
Vacanze in sicurezza: i consigli di Cna Lucca per gli automobilisti in partenza
Con milioni di italiani pronti a mettersi in viaggio per le ferie estive, per evitare spiacevoli inconvenienti su strada, è fondamentale partire con un veicolo in perfette condizioni.

Aumento delle licenze per i taxi, i tassisti di Cna rigettano il piano del Comune di Lucca
La categoria degli operatori titolari di licenza per l’esercizio del servizio taxi della Cna di Lucca ha espresso profonde perplessità e criticità in merito allo studio denominato “relazione…

Annullamento del mercato ambulante del 2 agosto al Don Baroni per il rally, la furia di Anva Confesercenti
“Abbiamo raccolto il disappunto degli operatori del mercato del Don Baroni dopo aver ricevuto una pec dal Comune di Lucca con la quale è stato comunicato l’annullamento del…

Ercopac e TecnoFerrari: la nuova frontiera dell’automazione dalla produzione al magazzino
Nel cuore della packaging valley italiana, due realtà di eccellenza – Ercopac, specializzata in soluzioni di fine linea e automazione industriale, e TecnoFerrari, nota nel settore dell’intralogistica –…

Lavoro: estate a due velocità, boom del turismo ma scarseggia la manodopera
Sono oltre 21mila i lavoratori richiesti dalle imprese delle province di Lucca, Massa-Carrara e Pisa…

Gesam Reti ha aperto quattro bandi per la selezione e assunzione di sette profili professionali
Gesam Reti Spa, azienda operante nel business della distribuzione del gas, presente sul territorio del Comune di Lucca e in altri sette comuni della…

Carenza di taxi a Lucca, Confartigianato: "Ok all'aumento delle licenze, ma venti sono troppe"
“Siamo favorevoli all’introduzione di nuove licenze per i taxi, ma non certo venti, visto che dalle attuali 30 arriverebbero a 50. A nostro parere il numero è eccessivo.

Torna il "Buono che meriti": 550 mila euro da Ebittosc per i lavoratori da spendere in un circuito di negozi
E.Bi.T.Tosc, il più grande Ente Bilaterale del Terziario Toscano, anche per quest’anno mette a disposizione delle lavoratrici e dei lavoratori della nostra regione che sono occupati nel…

Stop ai "buttadentro" in centro storico, Difendere Lucca esalta il provvedimento
Difendere Lucca plaude alla nuova ordinanza dell'amministrazione comunale che vieta i "buttadentro" utilizzati da alcuni ristoranti del centro storico: "Un provvedimento da noi fortemente caldeggiato, in coerenza con…

Meraki Market, torna nel weekend l'appuntamento con Artisti all'opera
Continua "Artisti all'opera" nell'ultimo appuntamento estivo del Meraki Market (12 e 13 luglio). Sabato 12 luglio troverete Federica Verzi con la sua Winegrette.

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Chiediamo a uno dei più preparati e illuminati economisti italiani, già direttore del Ministero del Lavoro, funzionario del Ministero del Bilancio, già collaboratore di uno dei padri dell'economia italiana Federico Caffè, post keynesiano e autore di numerosi saggi e libri di economia, il professor Antonino Galloni, cosa stia succedendo. La crisi del sistema di economia a debito, la crisi del sistema bancario e la crisi sanitaria, la loro interconnessione: Nino Galloni manager pubblico che in passato, quando ai vertici del Ministero del Bilancio, ebbe delle forti tensioni con l'antagonista nel pensiero economico, Mario Monti, spiega e propugna le soluzioni possibili.
"La crisi dell'economia reale esisteva già da prima della crisi sanitaria, anzi quella finanziaria era diventata insostenibile - premette subito Nino Galloni - dal 2008 le grandi banche hanno iniziato a sostenere senza limiti il fabbisogno del sistema bancario" spiega, riferendosi a quando nell'ottobre del 2008, in risposta alla grave crisi finanziaria causata dal tracollo di Lehman Brothers, le Banche Centrali adottarono un sistema di pieno sostegno al sistema bancario, in base al quale le banche potevano ottenere tutta la liquidità richiesta.
Sul banco degli imputati, secondo il professore, deve salire il sistema economico a debito: sistema a cui dobbiamo il fatto che oggi la moneta viene "fabbricata" non direttamente dallo Stato, ma attraverso un sistema a debito, dove sono le Banche Centrali o il mercato che, acquistando Titoli di Stato emessi dallo Stato, lo riforniscono di moneta determinandone in questo modo un indebitamento che lo vede costretto a restituire, alla scadenza dei titoli, la somma ricevuta oltre agli interessi.
"Quindi la crisi esisteva già da prima del lockdown - riprende il professore - e le cause principali vanno ricercate prima di tutto, nel fatto che l'economia del debito non regge più. Con l'accordo di Basilea le banche avevano rinunciato a fare credito alle imprese".
A proposito di Basilea, sappiamo infatti che quando nel 1974 si manifesta l'esigenza di una regolamentazione sovranazionale a causa del fallimento di una delle più importanti banche tedesche per via di alcuni investimenti sbagliati con cui accumulò perdite molto superiori al capitale, i governatori delle Banche Centrali decisero di riunirsi a Basilea per concordare delle regole vincolanti per le banche onde evitare altre operazioni speculative.
Gli accordi di Basilea imponevano alle banche dei limiti soprattutto in riferimento alla quantità di patrimonio di cui devono dotarsi per poter fare attività di credito, ma si rivelarono presto poco efficienti. L'ultimo accordo infatti avvenne nel 2010, dopo che la crisi del 2009 aveva mostrato i limiti degli accordi di Basilea precedenti, proprio perché molte banche, pur avendo mostrato notevoli elementi di fragilità, presentavano comunque requisiti patrimoniali in linea con quelli stabiliti dai vecchi accordi.
"Il problema - spiega il professor Galloni - è che il margine di redditività delle imprese si è ridotto e solo le piccole imprese avevano avuto il coraggio di restare aperte anche se in perdita. Nel corso degli ultimi decenni quindi sono venute meno le risorse per sostenere i costi previdenziali, per pagare gli operai, i salari e si è ricorso sempre di più alla precarizzazione. Adesso siamo arrivati all'ultimo stadio".
Le contromosse da applicare si muovono su due bisettrici come suggerisce il professore.
"Le soluzioni sono prima di tutto l'introduzione di una moneta non a debito. E' necessaria una moneta statale" risponde prontamente Nino Galloni. Una soluzione, quella indicata da Galloni, già presa negli anni '60 e '70 da Aldo Moro quando decise di emettere dei biglietti di Stato senza bisogno di chiedere banconote in prestito alla Banca Centrale e con cui finanziò le spese statali attraverso l'emissione di cartamoneta da 500 lire che i più agés ricorderanno.
"L'altra soluzione - riprende il professore - è la revisione della contabilità bancaria prestando denaro a tasso negativo. Ma questo spiazza i grandi centri del potere politico finanziario".
Il professor Galloni, profondo conoscitore del sistema bancario e autore, in merito, di "L'economia imperfetta", ha in più occasioni spiegato il meccanismo che governa quel sistema in cui la banca, quando fa un prestito in realtà non dà nulla: semplicemente si incredita e indebita il cliente, ma in realtà al cliente consegna solo un assegno circolare, solo un pezzo di carta dietro il quale non c'è copertura: oggi infatti la somma di tutti gli assegni circolari emessi è molto più alta della moneta che giace effettivamente nei depositi bancari. E sarà poi il cliente, con il pagamento delle rate, a portare moneta "vera" alle banche.
Secondo Galloni quindi, con il cliente che con tassi negativi, nel corso degli anni, restituisce solo una parte del prestito, si avrebbe solo un mancato arricchimento, ma non ci sarebbe nessuna perdita effettiva e sulla base di questa considerazione, le banche potrebbero, affiancate da un controllo pubblico, diventare promotrici di sviluppo sul territorio garantendo investimenti da individuare su progetti imprenditoriali, magari di giovani, nel campo dell'ambiente, della cura delle persone, delle attività di manutenzione anche pubbliche, nel campo dell'arte, del turismo, della valorizzazione dei beni culturali, ambiti che oggi non trovano finanziamenti perché sono a basso margine di redditività però capaci di produrre posti di lavoro.
Prosegue nell'analisi Nino Galloni: "Molti sono rimasti abbagliati dai numeri di contagi legati al tampone ma il tampone utilizzato in questo modo non è un metodo scientificamente corretto. Il tampone si fa dopo che si sono manifestati i sintomi, non si fa agli asintomatici. Ogni anno muoiono centinaia di migliaia di persone a causa dell'influenza, negli anni 2016 e 2017 ne sono morte molte di più rispetto al 2020".
"Questa crisi sanitaria è un qualcosa che serve per bloccare tutto - e aggiunge arrivando al punto - Sono necessarie risorse pubbliche strategiche per finanziare la differenza tra fatturato delle imprese e i loro costi a causa dei bassi margini di redditività delle imprese, troppo bassi per attrarre investimenti. Lo Stato deve tornare a fare investimenti per colmare il divario tra fatturato e costo delle imprese".
Affrontando il nodo europeo il professor Galloni sostiene: "In Europa potevano scegliere se continuare con l'indebitamento degli Stati oppure, l'altra soluzione era di fare debito e cancellarlo finita la crisi: in pratica una soluzione di compromesso rispetto alla soluzione definitiva ottenuta con la moneta non a debito e la revisione della contabilità dell'attività bancaria". Decisione che, in riferimento al Ricovery Fund, sappiamo quale direzione stia prendendo.
L'ultimo pensiero e l'ultima domanda vanno, infine, alle piccole imprese tanto colpite in questo frangente: "Le piccole imprese - risponde Nino Galloni - quell'80% rimasto dopo le politiche di austerity degli ultimi decenni, possono salvarsi con il contante e, al limite, ricorrendo all'uso di una moneta parallela".
Sul Movimento 5stelle, di cui anni fa l'economista era considerato vicino, risponde laconico: "Pensavo che volessero fare sul serio, sembra invece stiano facendo peggio di quelli che dicevano di voler combattere".
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Con la Toscana in zona rossa rientra anche il blocco totale dei centri estetici per quindici giorni. Un settore che, nella sola provincia di Lucca, conta oltre 300 imprese per circa 900 addetti in totale.
Un provvedimento giudicato “anomalo” da Cna perché colpisce un settore che, al pari dei parrucchieri, ha applicato tutti gli interventi necessari per continuare a lavorare in sicurezza.
“Oggettivamente non c’è nessuna ratio nella distinzione che il Dpcm ha introdotto nelle zone rosse tra parrucchieri e filiera dell’estetica. Il nostro – afferma Renza Giannini portavoce estetiste CNA Lucca – è un settore in cui non ci sono assembramenti, lo sanno tutti: lavoriamo su appuntamento. Non solo: ormai da anni applichiamo protocolli di legge molto severi sulle disposizioni di carattere igienico-sanitario. Quindi, onestamente, se ci sono dei luoghi dove è proprio improbabile contrarre il virus è da un parrucchiere o in un salone di estetica”.
La referente dell’associazione di categoria ritiene la decisione del Governo “priva di senso dal punto di vista della razionalità socio-sanitaria.
“Sul piano dei protocolli anti-Covid – prosegue Giannini– tutto il comparto benessere ha introdotto a proprie spese ulteriori presidi sanitari, ma, ripeto, sulla sicurezza eravamo già molto avanti. Oggi il rischio è l’emergere dell’abusivismo: più teniamo chiusi soggetti corretti e formalmente disciplinati di questa filiera più emergono soggetti abusivi che non applicano le disposizioni sanitarie”.
Giannini giudica infine insufficienti i fondi destinati a sostenere la categoria e chiede che il provvedimento sia rivisto e che siano stanziate risorse per fronteggiare la situazione.
“Senza interventi tempestivi e incisivi – conclude la portavoce Cna – rischia il fallimento il 60% delle estetiste sotto il peso delle spese e delle tasse”.