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Siti casino AAMS sicuri: la scelta protetta per il gioco online in Italia
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Lavorare in condizioni meteorologiche difficili: come FieldBee PowerSteer può aiutare
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"L'ignoranza non mi fa paura, è il virtuosismo dell'ignoranza che mi terrorizza!"
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La volatilità delle slot machine può influenzare il divertimento dei giocatori nel lungo periodo
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Cosa fare se i sensori di parcheggio smettono di funzionare
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Cosa controllare prima di guidare sotto la pioggia intensa
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Aborto e omofobia, la corte costituzionale fa chiarezza
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Criptovalute e Italia: una nuova architettura per l’economia nazionale
Parlare oggi dell’impatto delle criptovalute sull’economia italiana significa affrontare una trasformazione che è già in corso. Non è più solo questione di finanza alternativa o di…

L’auto come stile di vita: perché per molti italiani la macchina è una questione di look
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Case smart, bollette leggere: come la domotica può tagliare i costi di luce e gas
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Avete mai sentito parlare di diritto all’oblio? Ultimogenito tra i diritti della personalità, per diritto all’oblio si intende il diritto ad essere dimenticati. Non un diritto a cancellare il passato, ma proteggere il presente ed il futuro dalle rappresentazioni non più veritiere dell’immagine di una persona. Secondo voi Erika ed Omar hanno diritto ad essere dimenticati?
Lo ricordiamo tutti quel frame in cui due ragazzi non ancora ventenni uscivano da una villetta qualunque scortati dai carabinieri. Lei sedici anni appena, capelli castani sulle spalle e bomber marrone. Lui di anni ne ha diciassette, capello corto, viso angelico e piumino bianco con una fascia centrale blu. Lei si chiama Erika De Nardo. Lui Mauro Favaro, detto Omar.
Siamo a Novi Ligure che più che essere nota per le sue produzioni viticole e dolciarie è ricordata da tutti per il duplice omicidio consumatosi il 21 febbraio 2001. La dinamica delittuosa è delle più atroci. Sono le 19.30 a casa De Nardo. Susy Cassini, 41 anni, rimprovera la figlia per i cattivi voti e l’andamento scolastico prospettandole i suoi timori per le frequentazioni che negli ultimi tempi la ragazza aveva intrapreso. In quel contesto, non lontano dalla realtà di qualsiasi famiglia, Erika non ci pensa due volte, afferra un coltello dal cassetto della cucina e comincia ad infierire sulla madre. Non è sola però.
Al piano di sopra c’è Omar che dopo aver indossato i guanti si precipita in cucina per aiutare Erika e colpire Susy alle spalle. A quel punto Erika le tappa la bocca con una mano ed entrambi iniziano a colpirla. La donna cerca di fuggire alla furia omicida dei due ragazzi ma nello scappare si scaglia contro il tavolo della cucina che si spezza in due per l’impatto. Colpita con 40 fendenti, conscia ormai di morire, dice ad Erika che la perdona ma di risparmiare il fratello. Già, perché Gianluca de Nardo, che di anni ne ha 11, era sceso in cucina allarmato dalle grida. Anche lui non avrà una sorte migliore.
Dopo aver cercato di calmarlo invano, iniziano ad infierire anche contro di lui. Forse l’eliminazione di Gianluca non era nei piani delle due menti diaboliche ma era ormai divenuto un testimone scomodo. È a quel punto che Erika alza la manopola della musica per non far udire le grida di disperazione dai vicini. Gianluca non ha scampo. I due lo inseguono nel bagno dove tenta di rifugiarsi e lo colpiscono con 57 coltellate. La tragedia è ormai consumata. C’era un’ultima cosa da fare. Aspettare il rientro del padre per ucciderlo. A quel punto è però Omar a tirarsi indietro e ad invitare la ragazzina a farlo da sola. Sono le 20:50 Omar torna a casa, Erika tenta invano di ripulire la casa imbrattata del sangue della madre e del fratello. Ai carabinieri racconterà di una fantasiosa aggressione ad opera di due extracomunitari. Il racconto mendace reso da entrambi agli investigatori fa emergere la dura realtà e i dissapori che negli ultimi tempi regnavano a casa De Nardo. I genitori della ragazza temevano infatti che facesse uso di stupefacenti, come poi è stato accertato.
Erika ed Omar sono stati condannati rispettivamente a 16 e 14 anni di carcere per il duplice omicidio. Sono passati 18 anni da quel tragico epilogo. Oggi Erika è una donna laureata. Ha scelto la filosofia e ha discusso la sua tesi di laurea su Socrate e, udite udite, sulla ricerca della verità negli scritti platonici. Quella verità che lei tanto aveva cercato di nascondere dopo aver messo in piedi una vera e propria mattanza. La bella Erika oggi è anche moglie e non ha mancato di lamentarsi in ordine alla negata possibilità di trovare lavoro perché “le persone nutrono troppi pregiudizi nei miei confronti e non riescono a dimenticare”. Erika de Nardo si dichiara pentita e si fa forte del sostengo del padre che le è sempre restato accanto. Sin dal primo momento e fino alla fine. L’ha sempre sostenuta in ogni suo “piccolo” passo verso la libertà. Francesco de Nardo ha dimenticato. E noi società possiamo dimenticare? Possiamo dimenticare Erika che insegue il suo fratellino finendolo nella vasca da bagno solo perché aveva assistito alla mattanza della madre? Il diritto all’oblio è qualificato come diritto fondamentale della persona. Per l’ordinamento giuridico Erika, con il suo Omar, ha diritto ad essere dimenticata ma, dal momento che le ferite non si prescrivono con il decorso del tempo, io francamente faccio fatica.
Nella foto: la criminologa Anna Vagli
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L'emorragia di morti sul lavoro non si ferma
foto: voltamax / Pixabay
Il termine "Legge 626" suona familiare anche a coloro che non si occupano di sicurezza sul lavoro professionalmente, perché nel lontano 1994 fu una sorta di piccola rivoluzione a favore del lavoratore. Parlando di 626 si intende comunemente il Decreto Legislativo del 19 settembre 1994, n. 626, varato per modernizzare le condizioni e le tutele di sicurezza sul lavoro in Italia, abrogando le frammentarie leggi precedenti e per recepire tutte le normative europee per ciò che riguarda la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Volendo sintetizzare al massimo le principali novità introdotte da quel Decreto furono il Servizio di Prevenzione e Protezione, la figura dell’RSPP, suo Responsabile e la figura dell’RLS, il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, che deve essere il tramite tra lavoratori e datore di lavoro. Rispetto a prima è il datore di lavoro a diventare diretto responsabile del processo di miglioramento della sicurezza del luogo di lavoro, divenendo obbligato a redigere un Documento di Valutazione dei Rischi: per lui scatta il riconoscimento di responsabilità penali e rischio di sospensione dell'attività.
All'atto pratico significa che non è più ammissibile che un lavoratore venga inserito in organico ed abbandonato a se stesso, sperando che non ci siano problemi. Anche l'utilizzo di uno strumento a prima vista semplice come una levigatrice rotorbitale deve essere adeguata all'uso ed all'utilizzatore, il quale deve essere equipaggiato con adeguati strumenti di sicurezza e formazione professionale in funzione preventiva rapportata al vero rischio potenziale dell'attività.
Tuttavia la crisi economica continua tristemente ad incentivare gli infortuni sul lavoro, dal momento che le riduzioni del volume d'affari portano le imprese alla riduzione degli investimenti in sicurezza. Dai dati INAIL le denunce di infortuni mortali sul lavoro accaduti nel 2018 pervenute all'Istituto in tutte le provincie della Toscana, considerando solo i decessi accaduti in occasione di lavoro, con esclusione quindi di quelli in itinere, sono state 9: 5 a Firenze, 2 a Siena, 1 a Lucca, 1 a Pisa. Non sono invece stati registrati infortuni mortali sul lavoro nelle province di Arezzo, Grosseto, Livorno, Massa Carrara, Pistoia e Prato.
A livello regionale il quadro tracciato dall’INAIL preoccupa: nonostante in Toscana le denunce di infortunio siano nel complesso leggermente diminuite (-0,26%) tra il 2017 e il 2018 (da 49.083 a 48.955), sono aumentate del 12,5% quelle che hanno avuto un esito mortale (da 72 a 81). Dall'inizio del 2019 fino all'ultima rilevazione mensile al momento disponibile (riferita al 31 ottobre) le morti sul luogo di lavoro sono state 654, con un incremento dello 0,9% e volendo ricorrere a dati più aggiornati l'Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro (l’unico sito non istituzionale in Italia che monitora in tempo reale i morti sul lavoro, attivo dal 1 gennaio 2008) riporta 2 vittime bianche nella sola provincia di Lucca.
Ben vengano le Commissioni intercomunali per la sicurezza sul luogo di lavoro, purché lo Stato centrale non dimentichi di incrementare adeguatamente l'organico del personale ispettivo ad oggi assolutamente irrisorio rispetto al numero di realtà aziendali operative.