Anno XI 
Mercoledì 19 Novembre 2025

Scritto da carmelo burgio
Politica
19 Novembre 2025

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Onestà vuole che si ammetta che un tempo la “produttività” di un reparto di polizia fosse misurata col numero degli arresti e delle denunce “a piede libero”. Va da sé che benedetto – per i policemen – era quel magistrato dell’accusa che largheggiava nel far riempire le patrie galere. Col tempo i superiori hanno imparato ad analizzare la qualità di quegli arresti, e a valutare l’operato dei loro “segugi” dalle condanne ottenute. Meglio se esemplari, prima di far piovere encomi.
Nella mia esperienza più probante, a Caserta, nel lavorare con la Procura Distrettuale Antimafia di Napoli e quella Ordinaria di S. Maria Capua Vetere, non mi son imbattuto in magistrati troppo larghi di manica, ed è stato meglio per tutti. In genere il numero di arrestati coincideva coi condannati, e ringrazio di questo quei Magistrati, dei quali mi resta un ricordo denso di rispetto. Noi “sceriffi” possiamo anche essere un filino irruenti e forcaioli, ci sta … anzi non ci sta proprio. Ma sicuramente il Magistrato non può avere questa matrice caratteriale. Deve approfondire, ne ha tempo e modo, quello che spesso non ha un policemen in mezzo alla strada, per cui si becca l’atto dovuto. Quel che dice il magistrato “è sentenza”. 
O almeno dovrebbe esserlo, infatti non lo è almeno per il Procuratore di Napoli, dr. Nicola Gratteri. Del quale apprezzo passione, capacità di “fare squadra”, intensità nel combattere il crimine, soprattutto organizzato, giusto sforzo di coinvolgere la gioventù in questa guerra fondamentale per la crescita della nostra Patria. Ma l’ultimo scivolone sull’inesistente intervista di Giovanni Falcone sulla separazione delle carriere, madre di tutte le battaglie dell’Associazione Nazionale Magistrati, impone una considerazione alquanto amara.
Partiamo da un politico di spicco del Partito Socialista, Giovanni Palamara, indagato nel 1989 per corruzione e assolto dopo 10 anni di processo.
Passiamo il 14 novembre 2003 all’operazione "Marine" contro i clan di Platì, con oltre 100 persone arrestate. Il processo si concluse con 8 condanne con rito “abbreviato” su 44 imputati (circa il 20%). Per altri 19 dei restanti 78 imputati giudicati col rito “ordinario” interviene la prescrizione (circa 25%).
E, nel 2010, le operazioni delle direzioni distrettuali anti-mafia (DDA) di Milano e Reggio Calabria – denominate rispettivamente "Infinito" e "Crimine". Portarono a 304 arresti tra Calabria e Lombardia: la milanese si concluse con 133 condanne, la calabrese con una 90ina. In definitiva oltre 70 persone vennero assolte … fra ¼ e 1/5 degli indagati, ancorchè l’impianto accusatorio sia stato sostanzialmente confermato. 
Nel 2015 altra inchiesta, sui contatti fra ‘ndrangheta e mafia newyorchese. Alle iniziali condanne seguirono annullamenti, per un totale di 8 assoluzioni.
Nel 2018 altra “strage” con l’operazione “Stige”: 169 arresti. A processo vanno in 104, 38 dei quali sono assolti in 1° grado (oltre il 33%). Con l’appello le condanne si riducono da 66 a 58. Grosso modo 1/3 degli arrestati.
Nel 2019 l’ecatombe dell’indagine “Rinascita-Scott”, con 334 arresti e un totale di 416 indagati. Il rito abbreviato si concluse con 70 condanne e 20 assoluzioni (oltre il 20%). Il rito “ordinario” è in corso. Se le statistiche verranno confermate, un 30% di arrestati/indagati ha buone possibilità d’essere assolto.
Un giornalista non certo di destra come Piero Sansonetti, direttore de “l’Unità”, si è espresso in termini assai critici per le percentuali di prosciolti prima d’andare a processo e assoluzioni in giudizio. Certo, a guardare il bicchiere mezzo pieno, la squadra di Gratteri ha sgominato fior di clan, e illuminato spaccati inquietanti della società calabrese, e non solo. Ma proviamo a pensare a come si senta colui che fa parte di quella percentuale minoritaria, ma indubbiamente significativa, che nulla c’entrava, e magari attende anni per essere dichiarato “pulito”. E intanto spende d’avvocato, e non fa vita, e soffre guai in società e nel lavoro. 
A meno che si accetti il teorema di altro principe dell’accusa, Camillo Davigo, in base al quale gli assolti “sono solo colpevoli che l’hanno fatta franca”, credo che a stare in questo gruppo di sfigati, girino le scatole.
Beh, io non me la sento di condannare il dr. Gratteri. Nel suo furor bellicus tanto utile contro la mala pianta della criminalità organizzata, ha solo preso per buona una frase mai sostenuta da Giovanni Falcone. Ha solo confermato d’essere coerente nel suo essere un po’ precipitoso, avventato, e non ha approfondito. Tanto, come tutti sappiamo, hanno inventato i tre gradi di giudizio proprio per scongiurare danni eccessivi agli innocenti.
E con la sua sbandata falconiana ha confermato che la “separazione” serva. Chi ci dice che un giorno non decida di passare alla giudicante? E chi ci assicura che lo farà solo dopo un lungo percorso, che lo convinca a prestare un po’ di maggiore attenzione ai fattori dell’equazione di 3° grado?    

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