Politica
Turismo a Lucca, la consigliera regionale Mercanti (Pd): “Stop all’eventificio e all’improvvisazione del Comune, serve una regia”
"A Lucca manca una regia pubblica capace di costruire un'offerta culturale che dia continuità all'attrattività della città anche nei periodi in cui non ci sono grandi eventi. Senza…

"Santa Maria a Colle dimenticata": la denuncia di Lucca Civica
Lucca Civica torna a segnalare con forza lo stato di abbandono che colpisce i paesi del territorio comunale. In particolare a Santa Maria a Colle si stanno moltiplicando…

Perché a 60 anni?
Il recente lutto che ha colpito la Famiglia del brigadiere Legrottaglie e quella dell’Arma, ha visto immediatamente scatenarsi qualche Solone che – pur di far parlare di sé…

Forza Italia chiede l'stituzione della Consulta dei Giovani di Lucca
Il gruppo consiliare di Forza Italia ha presentato martedì 24 giugno una proposta di regolamento per l'istituzione della Consulta dei Giovani del Comune di Lucca, uno…

Terra in pace
"Pace in Terra è il titolo dell'enciclica firmata, nell'aprile del 1963, da Giovanni XXIII, un Papa che, a dispetto del suo pur breve pontificato, ha lasciato in eredità alla Chiesa il Concilio Vaticano II, oltre ad un opera pastorale e dottrinaria che ha avuto, in seguito, pochissimi emuli

Ho Ci Min… il nuovo
Nel maggio del 1968 prese vita, per poi dilagare in tutto il mondo, quella che è passata alla storia come la "contestazione studentesca"

Gabbiano maltrattato sul Serchio da 5 marocchini, la condanna dell'assessore comunale Consani
"Le immagini e i racconti relativi al grave episodio di maltrattamento avvenuto lo scorso 17 giugno lungo il fiume Serchio hanno profondamente scosso la nostra comunità e…

Il cordoglio di Mario Pardini per la scomparsa di Fulvio Mandriota
Ecco le parole di cordoglio del sindaco di Lucca Mario Pardini dopo aver appreso della morte di Fulvio Mandriota: A nome mio personale e dell’amministrazione comunale di Lucca, esprimo…

Il generale che parla alla gente: Roberto Vannacci conquista il pubblico e riempie la sala ad Aosta
Presso la prestigiosa sala convegni dell’Hostellerie Du Cheval Blanc di Aosta, si è svolto un incontro di grande rilevanza organizzato dalla Lega Vallese d’Aosta. Ospite d’onore il generale…

- Scritto da Redazione
- Politica
- Visite: 314
- Galleria:
- Scritto da Redazione
- Politica
- Visite: 1704
La mia generazione apprese – dalle elementari – che il 4 novembre era la ricorrenza della Vittoria, di quella del 1918. La Grande Guerra per gli altri finì l’11 novembre, dopo una settimana, noi fruimmo dell’implosione dell’impero austro-ungarico e – più bravi degli altri alleati, o semplicemente più paraculi – interrompemmo le ostilità per “getto della spugna” del “nemico secolare” una settimana prima. Qualcuno malignò di sicuro sui “soliti italiani scansafatiche”, capaci di risparmiarsi una settimana di guerra, che col tasso mostruoso di attrito di allora, significava qualche migliaio di morti e mutilati in meno.
La ricorrenza fu fatta coincidere con la Festa delle Forze Armate, che quella grande guerra di popolo – tale fu, anche obtorto collo, considerata la partecipazione – avevano combattuto e vinto, con il fondamentale aiuto degli Alleati. Sì. Se il nostro soldato mangiava e vestiva meglio del figlio che 22 anni dopo si trovò a combattere – da pezzente – un’altra guerra mondiale, lo doveva a lana, carne, grano, carburante che gli alleati ci erogavano a profusione, visto che impegnavamo uno dei due imperi centrali, evitando potesse concentrarsi sulla Russia o – con la fine di questa nel 1917, si dedicasse a rafforzare la Germania sul Fronte Occidentale dove non succedeva nulla quando moriva soltanto qualcuno, come ebbe a ricordare Erich Maria Remarque.
Oggi ci si vergogna quasi a dire che è la Festa della Vittoria, e diventa occasione per ricordare che svolgiamo missioni di pace, e che la Costituzione ripudia la guerra, etc. etc.. Per me resta la Festa di quei soldati – morti, mutilati nel corpo e nello spirito, vivi ma per i quali nulla era più come prima – che quella guerra la vinsero.
Sarebbe forse giusto ricordare che, pur non volendo alcuna guerra, uno stato si debba tenere pronto a impegnarsi in un conflitto, se non altro se un antagonista meno pacifico di noi intendesse approfittare del nostro essere imbelli, ma questa è un’altra storia.
Sarebbe altrettanto giusto rammentare che, al netto di quelli che sicuramente furono contro quella guerra, un’enorme percentuale di giovani e meno giovani accettarono di compiere il proprio dovere – smoccolando e maledicendo magari gl’imboscati – nella convinzione che per l’Italia dopo sarebbe andata meglio. Non interessa se ciò accadde o meno, se l’Italia divenne migliore o meno, ma solo che molti di quei ragazzi rimasero per sempre tali nel ricordo “di tanti che” li “corrispondevano”, per rubare un verso ad Ungaretti, o divennero improvvisamente vecchi e inabili a quasi tutto in seguito ad una mutilazione. Lo accettarono, quel rischio, anche se non serenamente.
Come molti di quelli della mia generazione che si accingevano a una “Guerra calda” che seguisse improvvisamente a quella “Fredda”, e coloro che hanno seguito i nostri passi, in giro per il mondo, per “missioni di pace” di cui spesso non riuscivano a percepire quest’aura festevole e arcobalenata di “volemose bbbene!”. E magari vivevano il rischio di legnate e per non prenderle stavano con l’occhio vigile e il dito lungo il castello dell’arma, pronto ad artigliare la leva di sparo. Comunque anche loro accattavano e accettano il rischio, perché l’Italia viva meglio. Ripeto: non importa sia così, basta che quest’idea sia sincera, in buona fede.
Pensavo a questo nel leggere dell’attacco dell’oppiosuzione a quegli 80 euri per far dormire un poliziotto in Albania. Dopo aver ignorato le spese fasulle – dai banchi a ruote, ai bonus, ai sussidi e spese per extra-comunitari e rom – che consentivano ad una bella fetta di amichetti italiani e no – questi con tanto di diritto all’eleganza – di prosperare con cooperative sanguisuga, prodighe di case-famiglia. Non è un mistero che gente come Salvatore Buzzi, il genio degli appalti di “Mafia Capitale” che mafia non era, ma comunque a qualcuno l’ha arricchito, con questi sistemi ha sbarcato il lunario, e neppure troppo male.
E nel rinnovellare il passato ho pure pensato a quegli anni ’80, quando coi “proletari in divisa” la sinistra iniziò a raccogliere consensi nelle FF.AA. e nelle FF.P..
Oggi pare proprio che quella stagione sia finita. L’uniforme è tornata ad essere nemica, anche quella della Polizia Locale. Anche questo è un modo d’evolvere di questa sinistra, che sempre meno ha il carattere di quella uscita dalla 2^ Guerra Mondiale, e sempre più s’approssima a quella sbeffeggiata a muso duro da Pier Paolo Pasolini.
Un’occasione perduta? Un aver sgomberato il campo di frescacce? Ognuno valuti come crede.
I grandi paesi comunisti alle loro forze armate tenevano. Vuoi vedere che qui sia rimasta solo l’oppiosuzione?