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What Was Bitcoin Pizza?
Bitcoin Pizza refers to one of the most famous transactions in cryptocurrency history. On May 22, 2010, a programmer named Laszlo Hanyecz made the first documented Bitcoin purchase by buying two pizzas for 10,000 BTC

I tigli lungo viale della stazione a Ponte a Moriano, le riflessioni di un residente
"Da più di cento anni lungo il Viale della Stazione di Ponte a Moriano due file di magnifici tigli

Destra e sinistra, "Caro Aldo ti scrivo, così, mi arrabbio un po'..."
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La sessualità maschile rappresenta un pilastro essenziale della qualità della vita
La sessualità maschile, ancora oggi tema spesso sottovalutata o affrontata con imbarazzo, rappresenta un pilastro essenziale della qualità della vita. Disturbi come calo del desiderio, disfunzione erettile o eiaculazione precoce…

Gioco online e minori: come funziona la normativa internazionale
In tutto il mondo, la maggiore età è il primo requisito per accedere ai casinò online. La soglia può variare leggermente da Paese a Paese — nella maggior parte dei casi è fissata a 18 anni, in alcuni Paesi a 21 — ma il principio è condiviso ovunque

Recinzioni in ferro: soluzioni per il giardino
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Casinò digitali sempre più popolari: +31% di iscrizioni nel 2025
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Come il settore del gioco d’azzardo sta sostenendo l’economia italiana
Il settore del gioco d’azzardo rappresenta una componente significativa dell’economia italiana. Negli ultimi anni, la sua incidenza è cresciuta non solo in termini di gettito fiscale ma anche per quanto riguarda l’occupazione e l’indotto generato in ambiti collaterali

Lucca dietro le mura: segreti, fantasmi e colpi di scena
Dietro l’armoniosa cornice delle antiche mura rinascimentali, la città di Lucca nasconde un labirinto di racconti mai del tutto svelati – come un sipario che si solleva a…

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Non ho mai cessato un sol momento di sentirmi battere in petto un cuore di fratello
Napoleone Bonaparte
Memoriale di Sant’Elena
In questo articolo cercherò di delineare il rapporto e il ruolo svolto dalla famiglia di Napoleone Bonaparte durante il suo Impero e, in relazione alla domanda spesso rivoltami, il motivo per cui egli non ha rispettato il principio del merito nell’assegnare i vari Regni, ma piuttosto, ha preferito l’assegnazione diretta ai parenti stretti. Nella risposta ci può aiutare direttamente Napoleone che nel Memoriale di Sant’Elena esprimere un giudizio verso i suoi parenti: «Ma dopo tutto essi erano nuovi all’esercizio della sovranità, giovani, circondati da insidie, attorniati da adulatori e da intriganti d’ogni risma [...] quale famiglia nelle identiche circostanze, si sarebbe comportata meglio? [...] Si può dire tuttavia che una famiglia tanto numerosa s’è mostrata tale, in complesso, ch’io possa sentirmene onorato […]. Giuseppe [prosegui l’Imperatore] sarebbe stato l’ornamento di ogni società.
[…] A questo si deve aggiungere che, fuori della politica, noi ci amavamo. Non ho mai cessato un sol momento di sentirmi battere in petto un cuore di fratello. Li ho amati tutti e penso che anch’essi, intimamente mi abbiano corrisposto con eguale affetto, e che in caso di bisogno me ne saprebbero dar la prova».
Vorrei iniziare con il descrivere la personalità del fratello maggiore Giuseppe, e del ruolo assegnatogli, di conseguenza alla fiducia nutrita dall’Imperatore verso di lui. Anche se la critica del tempo fu ingenerosa ritenendo Joseph di carattere appiattito, senza personalità, all’ombra del gigante Napoleone.
Giuseppe, primogenito di Letizia Ramolino e Carlo Bonaparte, era nato un solo anno prima di Napoleone. Come ben ricordiamo la madre Letizia era solita accompagnare il marito che militava con Pasquale Paoli per la liberazione della Corsica, loro terra natale, spesso a cavallo nelle suggestive montagne e nei boschi sfidando i pericoli, con in braccio proprio il piccolo Giuseppe di solo un anno.
Joseph Bonaparte nasce il 7 gennaio del 1768 a Corte in Corsica. I genitori desiderano per lui la carriera ecclesiastica per l’inclinazione verso la cultura, ma Giuseppe con fermezza abbandona gli studi ecclesiastici. All’età di 10 anni si era già distinto per gli ottimi risultati ricevuti al collegio dei Gesuiti di Autun. Si laurea, poi, a Pisa in giurisprudenza. Il rapporto fra i due fratelli, Napoleone e Giuseppe, fu di sentita amicizia, cresciuti insieme da piccoli, inseparabili per le esperienze comuni, il profondo legame che li univa rimase saldo anche davanti alle controversie e incomprensioni, non così rare tra fratelli. Di carattere diversi: Giuseppe paziente, Napoleone irrequieto, il quale non mancò certo di rivolgere critiche al fratello maggiore ma, sempre nel rispetto. Giuseppe, colto e raffinato, non aspetta di ricevere potere e denaro da Napoleone, poiché già prima di lui aveva acquisito successo personale ed economico. Nonostante le idee politiche diverse, soprattutto per quanto riguardava la successione ereditaria dell’Impero – motivo di duro scontro fra i due fratelli – Giuseppe sostenne sempre Napoleone.
Dopo la morte del padre, Carlo Bonaparte, fu proprio Giuseppe che si assume la responsabilità della madre e dei fratelli di cui l’ultimo Gerolamo non ancora di un anno. Pretese il massimo rispetto da loro e solo a Napoleone permetteva di rivolgersi con il tu. Abbraccia con convinzione le idee illuministe e rivoluzionare. Dopo avere ricoperto il ruolo di avvocato del Consiglio superiore della Corsica, giudice del tribunale di Bastia, segretario del generale Rossi ad Aiaccio, nel 1796 Giuseppe combattè con Napoleone la prima Campagna d’Italia e si distinse come abile diplomatico della Repubblica italiana nel ducato Piacenza e Parma. Napoleone affidò al fratello ruoli importanti di responsabilità, durante il Consolato e l’Impero, in cui erano indispensabili doti diplomatiche. Questi ruoli vennero ricoperti con maestria da Giuseppe, come il trattato di Mortefontaine del 1800 con gli Stati Uniti, il delicato concordato con la Santa Sede del 1801, Trattato di Amiens con l’Inghilterra del 1802, in cui veniva riconosciuta la legittimità dello Stato francese, che insieme al trattato di Lunéville con l’Austria del 1801, mise fine alla seconda coalizione. Nel 1814 Giuseppe, luogotenente generale dell'imperatore incaricato dal fratello Napoleone, governa dal 1806 al 1808 il regno di Napoli e dal 1808 al 1813 la Spagna con il nome di Giuseppe Napoleone I. Non era amato dal popolo per l’odio verso Napoleone. Si dimostrò un re dedito alla cultura e all’arte e a lui va il merito di aver contribuito durante il suo regno alla realizzazione del Museo delle Belle Arti di Madrid, che nel 1819 sarà inaugurato da Fernando VII di Borbone. Oggi conosciuto come il museo del Prado, uno dei musei d’arte più importanti al mondo. Giuseppe dimostrò sempre di essere indispensabile per Napoleone.
Giuseppe nel 1843 non potendo partecipare alla cerimonia del rimpatrio a Parigi delle spoglie di Napoleone, a causa dell’esilio ancora in vigore per tutti i membri della famiglia Bonaparte, fece pervenire a Parigi, il gran collare, il nastro e le insegne della Legion d’onore, indossati da Napoleone.
Stabilitosi definitivamente nel 1844 a Firenze, dove morì il 28 luglio di quello stesso anno. Egli fu sepolto nella cappella Giugni Bonaparte nella Basilica Santa Croce. Nel 1862 lo zio Napoleone III, imperatore dei francesi, ottenne il permesso affinché il corpo dell’ex re di Napoli e di Spagna fosse trasferito nel Dôme des Invalides a Parigi, vicino al fratello Napoleone I.
Così i due fratelli Bonaparte dopo tanta gloria e inaspettate sconfitte ritrovarono sotto la cupola d’oro il loro cuore di bambini.
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Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo richiesta di rettifica inviataci da parte del consigliere comunale Daniele Bianucci a proposito di un articolo apparso questa mattina:
Pregiatissimo direttore Dott. Grandi,
mi hanno inoltrato l'articolo della testata da Lei diretta, a Sua firma, dal titolo "Da Tambellini e Bianucci 7 mila euro al Lucca Blues Festival che prende a pesci in faccia Mario Pardini e la sua giunta".
Nonostante conosca ed apprezzi – come molti lucchesi, ad onor del vero – la qualità culturale della rassegna musicale che Lei cita, devo dire che sono rimasto particolarmente stupito da tale titolazione; perché, come credo Lei sappia, non solo non ho mai avuto l’onore di far parte della giunta guidata da Alessandro Tambellini, ma neppure mi sono mai occupato né mai sono stato coinvolto, ad alcun titolo, in merito ai contributi elargiti per gli eventi culturali.
Sono sicuro che, da cronista attento quale è, saprà ben rettificare.
Personalmente la cosa che più mi colpisce da quanto apprendo dal Suo articolo è che quindi una realtà culturale rinunci ad un finanziamento
significativo, pur di operare in una realtà diversa rispetto a quella di Lucca.
In merito infine alle ragioni per le quali Lei mi cita, ammetto che esse naturalmente restano motivo per pormi alcune domande. Ma forse –
ed è solo un’impressione - il primo ad interrogarsi a proposito dovrebbe essere proprio Lei.
Risponde Aldo Grandi:
Caro Bianucci, sappiamo bene che lei non era assessore nella giunta Tambellini, ma consigliere con delega per le politiche giovanili sì quindi non vedo dove sia il problema se ipotizziamo che abbia avuto un qualche ruolo nel promuovere o nel far riconoscere a determinate attività un contributo o meno. La realtà culturale di cui lei parla - ma l'ha letto il post? Sembra frutto di studenti politicizzati di un qualsiasi istituto superiore - non rinuncia ad alcunché perché siamo sicuri che l'attuale giunta avrebbe accuratamente evitato di continuare a gettare via denaro pubblico per alimentare simili realtà che di culturale hanno ben poco. Ci par di capire che anche lei considera questa amministrazione impregnata di omofobia, razzismo e fascismo dal momento che giustifica la presa di posizione di questi musicisti. E' ovvio che possono andare dove vogliono, il fatto è la ragione per cui lo fanno.
Comunque sia di una cosa siamo certi: 8 mila euro gettati nel cesso da Comune e Fondazione Carilucca parlano da soli.
Replica Di Daniele Bianucci:
Caro direttore,
mi riferisco alla Sua risposta alla mia precedente nota.
Sono solito esprimere con schiettezza la mia opinione: sia per carattere, sia per rispetto ai cittadini che mi hanno eletto a rappresentarli in Consiglio comunale.
Questo per dire: non vedo la necessità Lei provi a mettermi in bocca giudizi sull’attuale amministrazione comunale, perché sarà mia cura - oltre che, permetta, mia libertà - esprimerli nei modi, nei tempi e nelle forme che riterrò più vicini alla mia sensibilità.
E non voglio certo insegnarLe il mestiere, visto che per età e professionalità sono semmai io a dovere imparare da Lei: però ammetto che trovo singolare che si “ipotizzino” fatti, piuttosto che verificarli, prima di raccontarli pubblicamente.
Infatti, se avesse compiuto solo una piccola verifica, si sarebbe facilmente accorto che le sue ipotesi non corrispondono alla verità.
Così come mi spiace vedere che una evidente fake news rimanga, anche dopo il mio chiarimento, nel titolo sia della sua testata, sia della sua pagina facebook.
Proprio per questo sono invece molto grato ai miei genitori che mi hanno insegnato, fin da piccolo, che quando è il caso non c’è nulla di male a dire “scusate, mi sono sbagliato”; ma che anzi, a volte, una frase del genere è anche segno di dignità e coraggio.
Ma capisco che questa sia anche una questione di stile.
Con ancora più cordialità.