Anno XI 
Sabato 6 Dicembre 2025

Scritto da carmelo burgio
Politica
06 Dicembre 2025

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Uno dei mantra dei pacifisti è l’art. 11 della Costituzione, “L'Italia ripudia la guerra”, per cui è inutile disporre di uno strumento militare. Il concetto troverebbe sostegno nel passaggio al volontariato, e si glissa che con L. n. 226/2004 sia stato solo “sospeso il servizio militare di leva obbligatorio”. 
Beh, a mio parere sono interpretazioni di comodo, la Carta recita che l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”. L’Italia partecipò alla 1^ Guerra del Golfo nel 1990-1991 e all’invasione del Kosovo nel 1999, nel corso delle quali nostri velivoli sganciarono ordigni bellici. Nel primo caso vi era la risoluzione dell’ONU n. 678, nel secondo l’Italia operò in ambito NATO. Vi è poi l’articolo 52, “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge.” Si tratta dell’unico dovere del cittadino definito come “sacro”. Infine vi è l’art. 5, che definisce l’Italia “una e indivisibile”, che esclude si operi la secessione, ma anche che un soggetto internazionale esterno occupi pacificamente un frammento di “sacro suolo”.
Però … 
Se fino al Concordato fra Stato e Chiesa del 1929 neppure sacerdoti e seminaristi avevano il diritto di astenersi dal partecipare allo sforzo militare, e l’obiezione di coscienza era considerata reato di renitenza alla leva e comportava arresto e processo penale, intervenne la L. 15 dicembre 1972 n. 772, seguita dal regolamento di attuazione del D.P.R. 28 novembre 1977 n. 1139. L’obiettore – la cui sincerità doveva essere accertata, poteva optare per il “servizio civile sostitutivo obbligatorio”, di 8 mesi superiore alla durata del servizio militare. Nel 1989 la Corte Costituzionale dichiarò quegli 8 mesi in più contrari al dettato della Carta. Seguì la L. 8 luglio 1998 n. 230 che riconobbe al cittadino il diritto a dichiararsi obiettore, con una sorta di autocertificazione di massima non verificabile. 
Seguì la L. 6 marzo 2001 n. 64 che istituì il Servizio Civile Nazionale, qualificandolo non più come alternativo e sostitutivo del servizio di leva obbligatorio. Dalle 200 domande del 1973 si passò alle oltre 71.000 nel 1998, e nel 2000 il numero degli obiettori (110.000) superò quello del contingente di leva.
La sospensione del servizio di leva obbligatorio e l’istituzione del servizio militare volontario fece venire meno la problematica dell’obiezione di coscienza, e i volenterosi obiettori di cui facevano uso tante associazioni sparirono. 
Il governo Renzi intervenne con la legge delega 6 giugno 2016 n. 106 istituendo il Servizio Civile Universale (SCU), attuata col governo Gentiloni col d.lgs. 6 marzo 2017, n. 40.
Per opportuna notizia esiste un Ufficio Europeo per l’obiezione di coscienza (EBCO) che ritiene esista un diritto a praticarla sulla scorta dell’art. 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, dall’art. 18 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR) e dall’art. 10 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE. Inoltre è riconosciuto come un diritto dei giovani come indicato dal Forum europeo della gioventù e dalla Dichiarazione dei Diritti Umani UN 75.
Appare logico che lo Stato possa accettare che un cittadino rifiuti di prendere le armi, a condizione che i criteri d’esercizio di tale diritto non siano così elastici e incontrollabili, da far venire meno la materia prima per condurre operazioni militari. Pertanto difficilmente sarà accettato, in caso d’emergenza, che una semplice “autocertificazione”, come quella prevista con L. n. 230/8 luglio 1998, consenta di stornare da sé il pericolo di essere incorporato nelle Forze Armate. 
Ma il d. lgs. sul Servizio Civile Universale, non ha abrogato le norme sull’obiezione. Ove si revochi la sospensione del servizio di leva, esse dovrebbero rientrare in vigore e concedere a tutti di autocertificare il proprio radicale sentimento non-violento. Inutile sostenere che il SCU elimini il ricorso a quella che era in definitiva una comoda scappatoia. Il SCU era nato per fornire braccia a determinati soggetti operanti in settori comunque d’interesse per lo Stato, attesa l’assenza di obiettori. Ove essi possano nuovamente accedere a tale forza-lavoro, difficile sostenere che gli sia precluso farlo, una volta ripristinato il quadro normativo e di situazione che lo consentiva. Si può comprimere il diritto all’obiezione, riconducendolo all’ipotesi della L. 15 dicembre 1972 n. 772, che attribuiva allo Stato di giudicare, caso per caso, su bontà e onestà delle motivazioni a dichiararsi obiettore di coscienza. Occorrerebbe tuttavia una modifica legislativa.
Del resto se la Patria – come viene definita dalla Costituzione – appare in pericolo, è lecito che un suo cittadino, cui essa assicura tutta una serie di servizi nonché il rispetto di altrettanto importante serie di valori, possa “tirarsi indietro”?
Molti miei lettori di belle speranze diranno di no. Ma non è mica così pacifico.  

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