Politica
Livorno, Ceccardi e Ghiozzi (Lega): “Tempio degli Olandesi, fallimento politico e culturale. Il Comune fermi la cessione agli islamici”
"Quella che si sta consumando a Livorno non è una trattativa, è un fallimento politico e culturale di cui l'amministrazione comunale deve assumersi piena responsabilità. Il Tempio degli…

Aggressione scuola media, Diego Carnini (FdI) e GN Lucca: "Contro la violenza giovanile serve sensibilizzazione nelle scuole"
"Siamo profondamente sconvolti per il grave episodio di violenza giovanile avvenuto a Lucca. Un ragazzo di 12 anni, studente della scuola media Leonardo da Vinci, è stato brutalmente aggredito…

Pesca, Fratelli d'Italia: "Il Governo ha agito con responsabilità. Polemiche Simiani sono solo strumentali"
Fratelli d'Italia di Viareggio, insieme al Segretario di Presidenza alla Camera Onorevole Riccardo Zucconi, respinge con decisione le accuse mosse dall'On. Marco Simiani in merito…

Accorpamento degli istituti scolastici, Alfarano (Pd) e Camilla Corti (Futura): “Da rigettare in toto. Mancato il confronto con chi nella scuola lavora”
“Di fronte ad una normativa nazionale ancora cogente che impone accorpamenti di istituto vogliamo, in qualità di consiglieri del Partito Democratico e della lista Futura di due comuni…

L’Italia guarda l’Argentina… Se vince il liberalismo
"La vita è scelta, e il liberalismo è la filosofia della vita". Così si esprimeva quel grande economista liberale che fu Sergio Ricossa, fondatore dell’Istituto Bruno Leoni di Torino, il think tank liberale più noto d’Italia

Bagni gender-less, all'Università di Pisa trionfa l'ideologia Gender: protesta la Lega Giovani di Lucca
L’ennesimo episodio di cronaca che ha riguardato l’Università di Pisa ha acceso i riflettori su una scelta ideologica rivelatasi fallimentare: quella dei bagni “gender-less”. Una studentessa di 21…

"La città non è solo un palco": il circolo Pd del centro storico chiede una nuova residenzialità per Lucca
"Il centro storico non è solo palco, ma casa. Chiediamo una nuova residenzialità a Lucca. Con preoccupazione vediamo il nostro centro storico, così ricco di storia e di…

Maggioranza consiliare a VIareggio: "Contro il dimensionamento scolastico e gli accorpamenti la Regione Toscana deve decidere"
Intervento della maggioranza consiliare di Viareggio sul dimensionamento degli istituti scolastici della provincia di Lucca: La nostra maggioranza nell’esprimere sostegno a tutte le realtà scolastiche coinvolte dichiara…

Ex Manifattura, i capigruppo di maggioranza: "Via libera alla variante, passo decisivo per il recupero dell'area"
Il commento al nuovo strumento urbanistico, approvato in Consiglio comunale: "l'area resta pubblica e si apre la strada al bando per la riqualificazione della Manifattura Sud Ovest"

Centrosinistra: "Manifattura, la variante urbanistica svela l'opportunismo del sindaco e dei suoi alleati"
"La decisione di eliminare il Piano Attuativo per la gestione dell’area della Manifattura è l’ennesimo incredibile capitolo di una vera e propria saga dell’incoerenza portata avanti su questo…

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Come era nelle previsioni il Rassemblement National di Marie Le Pen ha raccolto il maggior numero di voti al primo turno delle elezioni politiche francesi. La destra ha sfiorato il 34% dei consenti mentre il Nuovo Fronte Popolare, la sinistra unita (socialisti e comunisti), si è stabilizzato intorno al 29%. Segue Ensemble, la coalizione di Emmanuel Macron, l'attuale presidente della Repubblica transalpina, rimasto al palo di un misero 20%. In Francia vige il sistema elettorale maggioritario a doppio turno, ossia vanno al ballottaggio in ogni collegio uninominale i due candidati che hanno ottenuto più voti, qualora non abbiano raggiunto la metà più uno delle preferenze. Un sistema che al secondo di turno consente ai principali partiti (o coalizioni) di poter stringere accordi. La macchina elettorale transalpina ha funzionato con velocità e precisione impressionanti. Pensate, a poche ore dall'aperture delle urne già si sapeva cosa era accaduto fin nei minimi particolari. Quando questo accadrà anche in Italia sarà certo un bel giorno per il farraginoso e lento apparato che il Ministero degli interni italiano mette in campo. Insomma i francesi godono di un sistema maggioritario, senza i listini e senza i predestinati che li compongono, ai quali vengono attribuiti, con sistema proporzionale, un quarto dei seggi disponibili nel nostro parlamento. Insomma, in Francia tutto è più semplice e chiaro: si viene eletti se ci si aggiudica il maggior numero di voti nel collegio elettorale. Oltralpe, inoltre, come detto in precedenza, ogni elettore ha anche la possibilità di votare al ballottaggio nel secondo di turno. Ed è su questa opportunità che fin dall’inizio ha puntato l'inquilino dell’Eliseo per arginare l’avanzata delle destre. Queste ultime hanno trionfato alle recenti europee costringendo Macron a sciogliere subito il Parlamento. Da qui la scelta di indire le politiche affinché quel successo non si radicasse maggiormente nel tempo nel Paese. Una mossa azzardata, forse, ma intelligente perché può far leva sull'insanabile idiosincrasia tra la "gauche" ( la sinistra ) e Le Pen, quindi potra’ proporre alla sinistra un patto elettorale, per il secondo turno, che determini la sconfitta della destra nei collegi uninominali. Non a caso Ensemble (Macron) e il fronte popolare sceglieranno chi votare al secondo turno secondo i patti e le possibilità esistenti in ogni collegio elettorale. Il sistema francese lo permette apertamente, senza sotterfugi e compromessi. Così come la prassi costituzionale consente poteri al Capo dello Stato di poter decidere velocemente lo scioglimento delle Camere, senza lungaggini e consultazioni preventive. Certo per molti politici e politologi italiani questa prassi non è accettabile perché mostra una concezione piuttosto sbrigativa della democrazia parlamentare. Un'obiezione che a ben vedere scaturisce dal solito ancestrale complesso "anti fascista" che nel Belpaese vieta di consegnare nelle mani di una sola persona un potere decisionale del genere. Un riflesso che condizionò anche i padri costituenti allorquando vararono la nostra carta costituzionale, appesantita da molti compromessi e dal diffuso timore per "l'uomo forte" in una nazione appena uscita da una guerra disastrosa e da un ventennio di dittatura. Gli eventi francesi inducono anche ad un'altra riflessione oltre quelle dell'efficienza costituzionale e del sistema elettorale transalpino, ossia un monito per la destra italiana ed in particolare per Giorgia Meloni. In Francia il partito della Le Pen ha toccato vertici di consenso ben superiori rispetto a quelli raggiunti da Fratelli d'Italia. Eppure pare siano destinati a rimanere inutilizzati ai fini dell'assunzione di cariche di governo se dall'altro lato della barricata si schiererà una super cartello composto tra sinistra e moderati. Per quanto spuria sia, dal punto di vista squisitamente politico, quell'alleanza impedirà alla leader della destra francese di ottenere la maggioranza in Parlamento. Questo è anche dovuto alla posizione di intransigenza che il Rassemblement manifesta sul piano politico e programmatico su molte questioni: l'anti europeismo, l'estremismo sulla questione migranti, la politica della sicurezza basata sulla repressione e l'allarme sociale, l'idea di un governo centralista e dirigista, l'alleanza con altri leader estremisti come i "patrioti" dell’ungherese Orban et similia. Una politica che pone la Le Pen ben lontana dalle posizioni più moderate di un movimento conservatore e come tale affidabile come alleato. Un errore che Meloni non deve assolutamente commettere in Italia, favorendo il processo di modernizzazione della vecchia destra post fascista. Farsi carico di creare un partito conservatore in Italia ed in Europa esimerà la giovane premier dal pagare quello scotto, di farsi isolare da una “conventio ad escludendum”. Che non lo comprendano il truce Salvini ed i populisti come il generale Vannacci è ovvio, ma che non lo comprenda il capo del governo sarebbe grave ed esiziale, in futuro.
Giancarlo Affatato - Vincenzo D'Anna
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L’impietoso confronto televisivo fra presidente degli U.S.A. in carica Joe Biden e sfidante, Donald Trump, induce a tante considerazioni, e cercherò di non ripeterle, avendole manifestate penne più preparate di me sulla materia. Pertanto ne propongo alcune, sperando siano innovative, quantomeno per integrare la discussione.
Il Tycoon poliedrico e “biondo shocking” con riporto della chioma al limite della decenza è protagonista di un tentativo pazzesco: tornare alla Casa Bianca dopo esserci stato ed esserne stato scacciato – in termini elettorali – dopo 1 solo mandato. Il tutto fra bagarre giudiziarie che ne hanno incrinato la credibilità, sia o meno giudicato colpevole, e assalti a Forte Apache-Capitol Hill da parte di pseudo-pellerossa dotati anche di corna di bisonte in testa dei quali è accusato di essere mandante. Fossimo in Italia nessun problema: normalissimo che un leader politico sconfitto resti in sella al proprio partito e – come niente fosse – si ripresenti agli elettori con possibilità di successo. Altrettanto possibile finire sotto processo e condannati. All’estero in genere si va a casa.
Non occorreva la performance televisiva, condita dagli amorevoli e apprezzabilissimi incoraggiamenti della moglie di Biden, per capire che Joe sia alla frutta, e che non ce la faccia. Non ha il fisico, pare, anche se la rampantissima consorte Jill lo giudica “ancora in forma”. Beh tutto è relativo e se la posta in gioco è far la First Lady, pure un brocco diventa purosangue. Fosse in un paese ove il presidente è sostanzialmente un simbolo, sia pure con dei poteri significativi, nessun problema, ma la costituzione statunitense fa del presidente un vero Primo Ministro, che dirige l’apparato della federazione. Non è un caso che a quell’incarico si arrivi giovani. Un PUSA (President of United States of America secondo uno degli acronimi a loro tanto cari), deve trottare e tanto. Non è un caso se si affannino a farlo vedere correre con la scorta, e hanno bisogno abbia un look che trasmetta vigore e efficienza fisica. Questo Joe, fra cadute lungo le scalette di accesso agli aeroplani di stato, farfugliamenti, obnubilazioni, appare fuori standard. L’uppercut di Trump al mento: “Scusate, ma non capisco cosa dica questo signore …”, è stato devastante. Da far sciogliere le ginocchia al vecchio campione in carica.
È sincero l’affannarsi manifestato in questi ultimi frangenti dai Democrats a cercarsi altro candidato? Credibile che ciò che stiamo vedendo da mesi, magari pure da anni, non lo abbiano capito prima oltre Atlantico? Realistico che si cambi in corsa il cavallo, accortisi che quello sotto di noi stia cedendo? E tutto questo in un grande Paese, inutile negarlo o dubitarne lo sia, come gli U.S.A.? A me sembra che i DEM, da un bel po’, abbiano afferrato che l’America voglia voltar pagina. Antica democrazia adusa al bipolarismo, è mossa da meccanismi difficili da comprendere per noi italiani. Da noi si è sempre alla ricerca del piccolo sotterfugio per raccattare consensi e voti e mettere in piedi una nuova formazione rappresentativa spesso di non so cosa, nella speranza cresca il tanto da garantire di vivere di politica a chi l’ha disegnata, laggiù c’è da dominare il mondo o una sua buona parte, e due grandi partiti son sufficienti. Politici-giullari e mascalzoni non hanno molto spazio, non è certo un caso che ne vivisezionino la vita privata e che certi casi italici non avrebbero spazio nel mondo Stars & Stripes.
E essendo forse chiaro che, fra risalita economica garantita a suo tempo da Trump, gestione del conflitto in Ucraina, Cina arrembante anche se sotto traccia, Putin sornione e tutto meno che sconfitto, col quale potrebbe essere proficuo tornare a dialogare, può darsi che i DEM abbiano capito che dovranno cedere il testimone. In questo caso nessuno di loro vuol bruciarsi nel sacrificarsi a sfidare Trump, e mandano al macello il vecchio guerriero, attendendo che trascorra qualche anno per riproporsi. Di rado un candidato sconfitto è stato ripresentato, e ha vinto. Forse l’ultimo fu Richard Nixon, caduto per una questione – il Watergate scandal – che in Italia avrebbe destato il sorriso. Non è un caso che i grandi nomi del partito, dai Clinton a Obama, non abbiano fatto quadrato attorno a Joe.
Comprendo che l’ipotesi possa essere giudicata fantasiosa, ma una sua logica l’ha. Quantomeno si basa sull’esclusione che negli U.S.A. sia divampata un’epidemia di stupidità. Del resto, in un Paese comunque caratterizzato da ampie autonomie locali, dove certi stati restano saldamente democratici o repubblicani, chi occupi la Casa Bianca interessa per certe materie, ma non per tutte. E quattro anni fanno presto a trascorrere, fermo restando che c’è sempre il gavitello delle elezioni mid-term, dopo 2 anni di mandato, che possono ribaltare gli equilibri.


