Politica
Festeggiamenti per l'anniversario della Democrazia Cristiana
Giovedi 4 dicembre a Calambrone a Pisa nei locali della "Regina Mundi" iniziano i festeggiamenti, attraverso la memoria storica, che dureranno tutto l'anno fino alla fine del…

Remigrazione e reconquista, Vietina smaschera tre consiglieri di maggioranza ex di Casa Pound
Quante volte abbiamo sentito dire che l'amministrazione comunale non ha legami con gruppi e ambienti dell'estrema destra? Tante. Parole ripetute ogni volta dopo sgradevoli e allarmanti episodi avvenuti…

Daniele Bianucci all'attacco dei... Comics: "Mai più contratti a cinque euro l’ora e turni di 14 ore al giorno"
Mai più contratti a cinque euro l’ora e turni di 14 ore al giorno al Lucca comics and games: mozione consiliare di Bianucci, in collaborazione con NIDL CGIL.

"Nessuna mafiosità per il sindaco Pardini": Domenico Raimondi di 'Lucca è un grande noi' chiede scusa al primo cittadini
Conosciamo Domenico Raimondi da tempo e ne abbiamo sempre apprezzate la serietà e l'onestà intellettuale. Rammentiamo quando accompagnò Ilaria Vietina per una intervista a casa nostra così…

Accorpamenti scolastici: la Provincia si costituisce in giudizio. Pierucci firma il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
A distanza di pochi giorni dall'approvazione del Consiglio provinciale di Lucca della delibera relativa agli accorpamenti degli istituti scolastici del territorio per il 2026-2027, il presidente della Provincia di Lucca Marcello Pierucci,…

Ignoranza o malafede?
Fa piacere che al Parco delle Alpi Apuane vengano riconosciuti poteri supremi e competenze amplissime in merito alle attività estrattive, ma ci si chiede se questo avvenga…

Braccia aperte... le nostre
Se Dio – e magari pure Allah, evocato da Venditti in “Oltre il confine” del 1978, di chiari intenti accoglierecci indiscriminati – la vicenda “Open Arms” si avvia all’epilogo

Immigrazione? No grazie
Chiamare l’immigrazione africana verso il nostro Paese, “immigrazione” è falso. Falsifica la realtà, la mistifica verso una deriva ancor peggiore: accoglienza, integrazione, buonismo

Ormai è in atto uno scontro tra chi difenda lo Stato e le forze di polizia e chi, come la sinistra e i centri sociali, sostengono chi commette reati
Dopo oltre un anno dalla morte dell’egiziano Ramy Elgaml, giovane lavoratore (e ladruncolo pare) del Corvetto di Milano, un fronte compatto di media solidali in varia misura con i Centri Sociali sta blaterando contro il mancato (per ora) rinvio a giudizio dei carabinieri che l’avevano inseguito

“Periferia Nord: dov’è l’amministrazione?”. Alfarano (PD) contro la giunta Pardini
“Periferia Nord: dov'è l'amministrazione? Da mesi, se non da anni, siamo a denunciare il disinteresse totale da parte della giunta Pardini per le nostre estreme periferie”. Così esordisce…

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Chiamare l’immigrazione africana verso il nostro Paese, “immigrazione” è falso. Falsifica la realtà, la mistifica verso una deriva ancor peggiore: accoglienza, integrazione, buonismo.
La recente immigrazione africana verso l’Italia (come prima quella bengalese, per esempio, e altre ancora) intesa come flusso di persone ha in verità un nome autentico: traffico di esseri umani.
Un traffico su cui lucrano i trafficanti di esseri umani e i trafficanti di organi. Continuare ad accettare questa ipocrisia significa esserne complici. Continuare a elargire accoglienza, questua, bontà a questi individui, significa strizzare l’occhio ai trafficanti. Chiudere gli occhi e voltarsi dall’altra parte di fronte all’evidenza giova soltanto a chi ci specula senza scrupoli. Anche coloro i quali hanno migliori intenzioni e con buon cuore vogliono fare donazioni o attivarsi sinceramente nell’ambito dell’accoglienza, è bene che riconoscano con chiarezza che dietro la maschera ci sono interessi criminali di cosche, clan e organizzazioni di cui neanche possiamo immaginare tutti gli intrecci, le
ramificazioni, il radicamento nel tessuto socio-economico italiano e internazionale. Chiamare col vero nome e smettere di usare appellativi edulcoranti come appunto “immigrazione” o “accoglienza” è il primo passo verso una consapevolezza cui non ci si può più sottrarre, una consapevolezza unita a un senso di responsabilità civile ma anche etica, non solo per l’Italia e gli italiani ma anche per gli stessi “migranti”,
per queste “risorse” trasferite come pacchi postali per alimentare le casse (e non solo) della criminalità.
Quello che c’è dietro ha sicuramente l’odore dei soldi e il sapore di marcio. Diciamo “no” al traffico di esseri umani che molto spesso cela anche il traffico di organi e quello di bambini e donne per la prostituzione di entrambi. Il deep web pullula di trafficanti pronti a vendere qualche organo e anche laddove la donazione fosse volontaria, e anche laddove lo fosse da parte di cittadini italiani, non dimentichiamo che l’espianto avviene con la morte cerebrale e non con la morte fisica: il corpo e l’anima soffrono quando l’organo viene rimosso. Si vedono
“cadaveri” muoversi e con le lacrime agli occhi.
Di queste atrocità nessuno parla ma ci sono dati oggettivi e allarmanti. Inoltre, in ultimo ma non da ultimo, le ondate migratorie degli ultimi decenni hanno evidenziato il rischio di islamizzazione del nostro Paese a discapito del rispetto della nostra tradizione giudaico-cristiana.
Anche in questo caso ci sono dati allarmanti sulle persecuzioni, violenze e uccisioni di cristiani nel mondo, soprattutto proprio nel continente africano: noi accogliamo, loro uccidono.
La violenza non deve trovare terreno né quella del traffico di esseri umani, né quella dei crimini che molti di loro - irregolari soprattutto - commettono, né quella di chi continua a sbarcare sulle nostre coste contro la nostro volontà. Basta buonismo: è tempo di concretezza e di un cambio di passo. Riprendiamoci la nostra identità già barcollante per l’effetto della globalizzazione e ora del tutto traballante. Difendiamo la nostra identità prima che cada sotto i colpi criminali dei trafficanti di esseri umani e dell’islamizzazione.
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Dopo oltre un anno dalla morte dell’egiziano Ramy Elgaml, giovane lavoratore (e ladruncolo pare) del Corvetto di Milano, un fronte compatto di media solidali in varia misura con i Centri Sociali sta blaterando contro il mancato (per ora) rinvio a giudizio dei carabinieri che l’avevano inseguito. Ricordo ch’era in sella alla moto dell’amico Fares Bouzidi (senza patente), che di notte scorrazzava per le vie meneghine in barba a ogni criterio di sicurezza stradale. In effetti i sostituti della Procura milanese Giancarla Serafini e Marco Cirigliano, elaborando l’originale teoria dell’inseguimento nel rispetto del Codice della Strada e della conseguente distanza di sicurezza, hanno fatto di tutto per incastrare i carabinieri, anche se pronunce giurisprudenziali della Cassazione passate in giudicato concederebbero all’inseguitore di far qualcosa di tangibile per bloccare la fuga. Hanno anche richiesto ulteriore perizia, negata dal GIP, cui probabilmente – mi tengo nel dubbio abituato a pensare che con certi ambienti ci stia sempre tutto e il suo contrario – appare chiaro che non vi sia alcunchè da imputare agli uomini dell’Arma. Come sostanzialmente sostengono le perizie non di parte che – proprio – ai due inquirenti della Procura milanese non devono andar giù.
Fra marce e fiaccolate, manco sia stato ucciso un eroe – o forse questi sono gli esempi per marmaglia che farebbe bene ad andarsi a cercare un lavoro vero – viene pure tirato fuori Papà-Ramy, recente percettore d’Ambrogino d’Oro non si capisce bene per cosa. Che prima di criticare l’inseguimento, dovrebbe rammentare cosa faccia la sua polizia delle piramidi, basta riferirsi al caso Regeni, altro tormentone sbandierato dalla sinistra. Insomma, è in atto una bella pressione per portare i carabinieri alla sbarra, e con loro tutta l’Arma.
Beh, provo a sviscerare un aspetto neppure tanto originale forse.
Il servizio preventivo sulle auto e moto del radiomobile o delle squadre “volanti”, non è una bazzecola. L’uomo sconvolge i bioritmi con orari sempre diversi, per quanto regolati da turni, e a volte trascorre le sue 6 ore correndo da una lite a un incidente stradale. Ci sta che venga pure investito mentre presta aiuto o soccorso, se non lo impallinano durante una rapina. Salire e scendere dall’auto, o sfrecciare con freddo, pioggia, neve e caldo, sono l’ideale per beccarsi malanni e artriti, minimo rischio professionale garantito. Insomma, per meno di 200 euri in più del normale stipendio del collega che sta in ufficio, la vita è senz’altro più disagiata; non è un caso che molti “monoreddito” accettino questo servizio, mentre chi ha la ventura di avere la moglie lavoratrice ci sta che dica “grazie, teneteveli, preferisco la mia confort-zone”. E non è neppure raro che – se il bisogno di un introito maggiore c’è – si tenti di andare in un reparto mobile addetto all’ordine pubblico (altro paradiso in terra, ma preferibile forse), sfruttando altre indennità, con la garanzia di operare in un reparto inquadrato e non doversi assumere responsabilità eccessive.
Su Radiomobile e Volanti è differente. Le responsabilità occorre prendersele, anche se ad esse corrispondono sicuramente belle soddisfazioni operative, che a volte ti tengono con gli stivali (ai miei tempi giovanili detti Derby) fino ad andare in pensione. Se non ti freddano magari il giorno prima.
Per questo la vicenda “Ramy”, con le pressioni mediatiche di una parte, e i processi televisivi, e le acrobazie logiche (o illogiche, mettiamoci d’accordo) di due magistrati della Procura di Milano, ha colto un importante risultato.
Mettiamoci tutti in testa che, da un lato, sempre meno ragazzi vorranno essere messi a svolgere i “servizi di prevenzione generale”, dall’altro si stanno creando i presupposti perché nessuno insegua. E questo va a detrimento di una sicurezza del cittadino sempre più inficiata. Inutile prendersela col governo, che non fa abbastanza per la sicurezza, come se invece Gentiloni, Renzi (che stabilì di eliminare il turn over fra congedamenti e assunzioni), D’Alema, Berlusconi (che non era “la destra”, ma qualcos’altro) e Prodi si siano dannati l’anima al riguardo. Inutile se l’operatore di polizia viene portato a decidere di non rischiare avvisi di garanzia e atti dovuti.
Il modo migliore per sopraffare il nemico, è sottrargli il desiderio di lottare, attraverso un processo che instilli in lui l’inutilità del suo correre rischi. E correre dietro ad un altro Ramy.
Il policeman deve restare “cacciatore”: se appende la doppietta al chiodo, serve a poco.


