Politica
Recupero delle bilance e dei ricoveri dei barchini, parte alla Camera l'iter per la proposta di legge di Montemagni (Lega)
“Sono iniziate ieri le audizioni alla Camera in commissione ambiente per la proposta di legge per il recupero delle bilance e dei ricoveri dei barchini promossa dalla nostra parlamentare Elisa…

Elezioni regionali, Baldini a testa bassa contro Vannacci: “Va subito rimosso”
Non si placano le polemiche all’interno della Lega, dopo il risultato elettorale alle regionali della Toscana che ha visto il partito del Carroccio chiudere con un risultato al…

Bigongiari (FI) soddisfatto: "Questa tornata elettorale ci dà fiducia"
"Sapevamo che sarebbe stata una contesa dura, con la Toscana che si conferma roccaforte rossa in Italia. Ma questa tornata elettorale ci dà fiducia per il presente…

Pd Lucca: "il centrosinistra c'è e può vincere, i dati delle regionali lo confermano. Lavoro importante per contrastare l'astensionismo"
Lucca comune e Lucca provincia spingono la rielezione di Eugenio Giani a presidente della Regione Toscana, che resta saldamente in mano al centro sinistra. La coalizione di…

Il generale Vannacci di nuovo in Svizzera: a Basilea il 23 ottobre
Il 23 ottobre alle ore 19, il generale Roberto Vannacci sarà protagonista di un incontro pubblico presso il Pantheon Basel, in Hofackerstrasse 72, 4132 Muttenz, alle porte di Basilea

Esce Valentina Rose Simi, entra Marco Barselli: giornata di mozioni e dibattute questioni internazionali in consiglio comunale
New entry in consiglio comunale: esce Valentina Rose Simi e subentra Marco Barselli nel gruppo consiliare di opposizione Lucca Civica-Volt-Lucca è popolare

Forza Italia in forte crescita in provincia di Lucca: "Siamo il secondo partito del centrodestra"
Le elezioni regionali 2025 hanno segnato un grande risultato per Forza Italia in provincia di Lucca, con un aumento importante dei consensi rispetto alla tornata del 2020.

Fratelli d’Italia supera il 29 per cento in Lucchesia e Giannoni esulta, nonostante la sconfitta
Fratelli d'Italia continua a ottenere grandi consensi nella provincia di Lucca. Lo confermano i dati delle elezioni regionali, nonostante la sconfitta del candidato Alessandro Tomasi. "L'amarezza per…

L’ex sindaco di Lucca Tambellini (Pd) manca lo “sbarco” a Firenze, ma ringrazia comunque i suoi elettori
L’ex sindaco di Lucca Alessandro Tambellini - candidato dal Partito Democratico – non ce l’ha fatta a centrare un posto in Consiglio regionale, chiudendo al terzo posto fra i nomi…

Né da destra, né da sinistra: in Regione per Lucca è… Zero Assoluto. E mo’ so’ cazzi
Le analisi politiche sulle regionali, in queste ore, si sprecano. Ognuno dice la sua e – così come da consolidata tradizione italica – prende quei dati che gli…

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Che schifo farà questo Stivale sfasciato. Roberto Vannacci, il generale più amato e anche più odiato d'Italia non è riuscito sfondare in Toscana ed ecco subito i suoi avversari, ma, soprattutto, i suoi colleghi di partito, vomitargli addosso tutte le colpe per un fallimento elettorale che non è assolutamente tale e che, comunque, non è da imputare a lui, ma al caos e alle incapacità di chi lo ha preceduto. Era, però, prevedibile. Salvini, nominandolo responsabile della campagna elettorale in Toscana, ha fatto due volte scacco: se avesse vinto, avrebbe avuto il merito di averlo scelto; se avesse perso, cazzi suoi. E così è stato, ma, appunto, c'è sempre un ma.
Chi non conosce Roberto Vannacci pensa sia una persona sgradevole, autoritaria, fascista, aggressiva, violenta, nostalgica, sessista, omofoba, razzista mentre, al contrario, non lo è affatto. Ha, però, il brutto vizio di quei pochi che, nella vita, allo strisciare preferiscono camminare eretti, costi quel che costi. Ha passato una intera esistenza indossando una divisa e la politica, con i suoi compromessi, le sue porcate, le sue amenità, era lontana da lui anni luce. Ci si è tuffato in tarda età, se così si può dire, e ha subito sperimentato quanto essa e i suoi protagonisti, siano viscidi, sudici, ipocriti, parassiti. I colpi bassi che ha ricevuto all'interno del suo stesso partito parlano da soli. Al suo posto mai avremmo scelto di entrare nella Lega così come in qualsiasi altra compagine partitica. Ora che, però, ha combattuto e, per alcuni, anche perso, non saremo qui a tirargli i sassi, bensì ancora al suo fianco perché quello che conta non sono le tessere e nemmeno i voti raccolti o mancanti. Quello che conta sono i principi che diffonde e su quelli, volenti o nolenti, c'è ben poco da dire. E se la sinistra, sin dall'inizio, gli ha vomitato addosso di tutto - questi bastardi verniciati di rosso meriterebbero il ritorno di uno che in quanto a repressione ci sapeva fare, tale Augusto PInochet - chi ha il cervello non votato all'ammasso ha capito che l'Italia, come la Francia, come il Belgio, come l'Olanda, come il Regno Unito, si sta islamizzando progressivamente e sta perdendo ogni minimo senso di identità nazionale. Vannacci è una voce fuori dal coro anche se il coro, piano piano, sta cominciando a suonare una musica senza spartito e sempre più rassomigliante a quella di chi ha capito che bisogna reagire.
Ascoltate Charlie Kirk. Noi lo abbiamo fatto così come abbiamo ascoltato e letto Roberto Vannacci. Così come abbiamo scritto e detto da lustri a queste latitudini. Come può la sinistra non partecipare allo sdegno per l'omicidio di un uomo che dichiarava, semplicemente, quello che è visibile a tutti? Perché l'ideologia ha il sopravvento sulla logica e sull'evidenza.
Noi stiamo con Roberto Vannacci e continueremo a restarci fino in fondo. Da queste parti l'8 settembre 1943 è considerato un giorno di lutto e di vergogna per le forze armate, per la monarchia e per tutti coloro che sono soliti farsi foderare gli occhi di prosciutto.
Di una cosa siamo certi: se Roberto Vannacci salirà nei consensi e con lui l'Italia degli italiani e agli italiani - di qualunque colore essi siano - bene, altrimenti sarà una devastazione condita da una robusta guerra civile.
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Un simpatico e colto giornalista di lungo corso, Giorgio Dell’Arti, in una sua rubrica si è posto il problema se, nella moderna società del terzo millennio, abbia ancora senso e sia ancora efficace, per le sorti della democrazia intesa come strumento decisionale di governo, il cosiddetto suffragio universale. In parole povere, se riconoscere a ciascun cittadino maggiorenne il diritto di esercitare l’elettorato attivo, ossia poter votare, e l’elettorato passivo, ossia potersi candidare per farsi votare, sia ancora lo strumento più adatto per selezionare chi ci debba governare, fare le leggi e decidere le dinamiche sociali, garantendo la permanenza dello Stato di diritto e della democrazia. Un interrogativo che, a prima vista, sembra abbastanza strano, se non addirittura eretico, per tutti i cittadini che vogliano continuare a godere di libertà e di diritti legati alla persona, ossia esercitabili dalle medesime. Ci si chiede, cioè, se nell’epoca della tecnologia, del continuo, veloce e strabiliante progresso e delle sue innovazioni, sia ancora utile e appropriato utilizzare uno strumento nato oltre duemilacinquecento anni addietro, nell’antica Grecia. Siamo chiari nel fugare ogni retropensiero, ogni eventuale recondito proposito di abolire la democrazia decisionale preferendo, alla stessa, sistemi autoritari e liberticidi. Siamo tra quelli che preferiscono la più sgangherata delle democrazie alla migliore e più perfetta dittatura. L’interrogativo, non peregrino né autoritario, si basa su una semplice riflessione: nell’era dell’informazione telematica, attraverso i social e l’uso esasperato dei mezzi informatici e della comunicazione, si condiziona e si confeziona l’opinione pubblica, ossia quell’opinione che orienta i convincimenti delle persone e ne determina gli stili di vita, quella stessa che i politici sollecitano, come precondizione, per poter essere votati. E quali sono i modelli di persone più graditi dal cittadino-elettore, secondo la vulgata corrente, l’opinione più diffusa, se non quelli che puntano sull’apparenza, non potendo esercitare la fascinazione della competenza e della cultura politica? Ha ragione Dell’Arti quando ci invita a osservare le foto di gruppo dei parlamentari degli anni ’60 del secolo scorso, per accorgersi che erano poco attraenti nell’aspetto, malvestiti e poco curati. Finanche le (poche) donne che sedevano in Parlamento avevano un aspetto ordinario e non brillavano per avvenenza. Consultare, invece, un’identica foto dei parlamentari di oggi mette in luce ben altra immagine: sia le donne che gli uomini sembrano usciti dalle pagine patinate di una rivista di moda. Avvenenti le donne, attraenti gli uomini, tutti in linea con i dettami della moda e dell’aspetto fisico gradevole. Certo, a marcare la differenza concorrono altri fattori, come la cura del fisico, la corretta alimentazione, le cure sanitarie e il miglioramento dei tratti somatici. Ma non è l’edonismo, l’immagine, a fare la differenza tra quell’epoca lontana e quella contemporanea, quanto il fatto che i parlamentari dell’epoca passata non erano dediti all’apparenza né all’essere giudicati per l’aspetto fisico. Costoro provenivano da una militanza politica, da un impegno quotidiano sui loro territori o negli apparati centrali dei vecchi partiti politici. Era gente esperta, che dava valore e peso al proprio impegno. Insomma, quei politici non campavano di avvenenza e simpatia televisiva, ma di lavoro. Erano scelti per il valore di una cultura e di un convincimento ideologico a cui avevano votato il loro agire. La morale che se ne potrebbe trarre ci conduce all’interrogativo su quali fossero allora e quali siano oggi i criteri di scelta dei candidati, e quale l’appeal, l’attrazione, che questi esercitano sull’opinione pubblica, ossia sul corpo elettorale al quale si rivolgono per ottenerne il voto. In una siffatta tipologia di società e di opinione pubblica — precondizione, quest’ultima, per accaparrarsi il voto — non servono i saperi né l’esperienza maturata sul campo, quanto l’essere gradevoli nell’immagine. Ed allora, perché non adeguare ai tempi anche il sistema elettorale e il principio del suffragio universale? Perché non modificare le regole dell’elettorato attivo e passivo? Perché non prevedere corsi di formazione obbligatoria per gli aspiranti candidati, da inserire successivamente in elenchi dai quali poter poi attingere per compilare le liste? Perché non inserire l’obbligo, per coloro che intendono esercitare il voto, di richiedere preventivamente l’iscrizione negli elenchi degli elettori, come avviene già negli Usa? Un sistema che responsabilizzi gli elettori ed erudisca i candidati. Ma ci vorranno anni per tutto questo, in una nazione ove il verbo “riformare” viene utilizzato come termine negativo, come lo era un tempo per quelli che venivano scartati alla leva militare.