Politica
Chiude la redazione de Il Tirreno a Viareggio: eppure il giornale non andava male
La chiusura della storica redazione viareggina de Il Tirreno non rappresenta solo la perdita di un presidio giornalistico, ma è un colpo inferto alla pluralità dell'informazione e all’identità culturale della nostra città

Ciannruttippall'
Dopo tonnellate di accuse “a prescindere” contro i carabinieri inseguitori, il VAR confermava che non vi fosse stato contatto, e la perizia stabiliva che l’inseguimento fosse stato proceduralmente e praticamente corretto

Consiglio comunale di Lucca: Martorana eletto garante dell’infanzia e dell’adolescenza, Bartolomei garante delle persone con disabilità
Nominati come nuovi garanti dell’infanzia e dell’adolescenza e delle persone con disabilità rispettivamente l’avvocato Marco Martorana e il dottor Salvadore Bartolomei, che hanno avuto anche i voti del Pd e di Lucca Futura sebbene non ci sia stato l’accordo tra maggioranza e opposizione

Mercanti (Pd): “Regione Toscana resta al fianco del settore delle calzature”
"La Toscana sta intervenendo con investimenti e politiche attive per sostenere il comparto moda. Nella nostra regione il settore delle calzature riceve un importante sostegno grazie ai…

Discorsi e ricorsi scomposti
Qualche settimana fa eravamo tutti “Je suis Carlo Legrottaglie”. Nome assurto a qualificare l’atteggiamento di chi, neppure di fronte al rischio estremo, fa finta di non vedere, o perde il momento buono e arriva tardi all’appuntamento col destino

Inclusione e mobilità: a Lucca attivato il contrassegno unificato disabili europeo, la soddisfazione della Lega
Un importante passo avanti per l'inclusione e la mobilità delle persone con disabilità è stato compiuto nella città di Lucca, che ha ufficialmente aderito alla piattaforma nazionale del…

Difendere Lucca: "Il lavoro sulle tradizioni storiche importante tassello di una strategia culturale"
Terminata l'edizione 2025 di Lucca Historiae Fest, Difendere Lucca fa il punto sul rilancio delle tradizioni storiche: "Si tratta di un importante tassello…

Decreto sicurezza, che tackle la Corte di Cassazione
Con tackle degno di gente come Schnellinger o Romeo Benetti, la Corte di Cassazione ci fa sapere, o meglio indica all’intera magistratura di cui costituisce Corte Suprema e…

Forza Italia, nel vivo la campagna tesseramento in Lucchesia
Proseguono le iniziative sul territorio della provincia per la campagna di tesseramento a Forza Italia. Nello scorso week end un gazebo si è tenuto in piazza Napoleone, alla…

L'assessore Nardini offende Vannacci: "Dice schifezze ed è indegno di indossare una divisa e sedere a Bruxelles"
A sinistra sono fatti così. Se gli sfiori appena il culo via con le querele e le denunce, i provvedimenti disciplinari…

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Non voglio giustificare atrocità commesse dai fascisti, ma per comprendere l’atmosfera confusa del post 8 settembre ’43, si pensi che personaggi poi celebri e considerati lontani dal fascismo, se non di sicura fede di sinistra, abbracciarono la causa di Salò. L’attore Walter Chiari si arruolò nella X^ MAS di Junio Valerio Borghese e collaborò al suo settimanale, “L'Orizzonte” come autore di vignette umoristiche. Con Ugo Tognazzi, della Brigata Nera di Cremona, condusse programmi dai microfoni di “Radiofante”, emittente per le truppe della R.S.I.. A questa aderì un altro comico, Raimondo Vianello, bersagliere, poi detenuto nel campo di concentramento per fascisti di Coltano, fra Pisa e Livorno, come l’attore Enrico Maria Salerno – ufficiale della Guardia Nazionale Repubblicana – e il giornalista sportivo di “Tutto il calcio minuto per minuto”, Enrico Ameri. Mentre si sciroppò due anni di carcere, prima dell’”amnistia Togliatti”, l’attore Giorgio Albertazzi, sottotenente nella Legione Tagliamento, LXIII battaglione "M", unità scelta nella repressione antipartigiana.
E non dimentico Dario Fo, di cui non si può dubitare quale uomo di sinistra, paracadutista del Battaglione Azzurro di Tradate. Dopo un pervicace negare l’evidenza ammise di essersi arruolato volontario, per condurre un “doppio gioco” a favore della Resistenza. Beh, fu smentito dal capo partigiano col quale riferiva d’aver collaborato. Aveva “sbagliato” e basta, ma gli bruciava dirlo.
Uniche spiegazioni plausibili per tali “sbandamenti” la giovane età e l’aver vissuto in un’Italia dove tutto era fascismo, ma qualcuno propose anche motivazioni decisamente venali. Giorgio Bocca ha citato i lauti stipendi dei fascisti:
“Un generale guadagna fra le 15.000 e le 23.000 lire al mese (in un paese in cui i salari degli operai sono sulle 1.500 o 1.800 lire al mese), un colonnello fra le 8.000 e le 16.000, un capitano tra le 5.000 e le 7.000, un tenente fra le 3.500 e le 4.000, un maresciallo 2.750 oltre gli annessi privilegi. Le cifre si intendono al netto di qualsiasi imposta o ritenuta; sottoufficiali e graduati hanno alloggio gratuito e assistenza medica.”
Ad ogni buon conto il grande giornalista comunista “DOC” un tempo era schierato sull’altro versante a riprova di quanto delineato in precedenza. Iscritto al Gruppo Universitario Fascista (GUF), il 4 agosto 1942 firmò un articolo sul settimanale La Provincia Grande (foglio d’ordini settimanale della Federazione dei Fasci di Combattimento di Cuneo) nel quale imputava il disastro della guerra alla «congiura ebraica» a cui «l'Europa ariana .. dovrebbe opporsi». Frasario inequivocabilmente di matrice nazi-fascista, in armonia con le leggi razziali, guarda un po’?!
Bocca nel suo libro “Il provinciale” cita una sua recensione dei "Protocolli dei savi anziani di Sion" apparsa ne “La sentinella delle Alpi”, in cui denunciava «l'imperialismo sionista». Ammetteva, imbarazzato: “Ci scherzavo anche con gli amici ebrei di Milano e di Courmayeur, ma coglievo sul loro viso come un riflesso condizionato: va be' non parliamone, ma l'hai scritta”. Capita di “sbagliare”.
Oggi vi è necessità che si faccia storia e si lascino perdere la cronaca e le passioni politiche, per poter comprendere le ragioni di quella che, per l’Italia, con la guerra civile, è diventata una dolorosa tragedia.
Un autore, Giampaolo Pansa, d’estrazione di sinistra, ha contribuito a confutare il mito dei partigiani buoni, opposti ai nazi-fascisti cattivi. Mito, che come tutti i teoremi ideologici, è fuorviante quanto quelli della “vittoria mutilata” e dell’”impero”. Mito errato in quanto pretende di fornire una verità assoluta, che pure tante sentenze hanno ampiamente dimostrato che non sia mai esistita. Le reazioni di parte degli ambienti di studiosi di sinistra alle opere di Pansa, sulla scorta dell’apodittica pretesa di dividere nettamente il buono dal cattivo, il bianco dal nero – come già Manzoni aveva avvertito di guardarsi bene dal fare – inducono a pensare che qualcosa da nascondere vi sia stato. Senza avvedersi che, così facendo, si ripeteva l’errore del fascismo, vietando ogni critica. E oggi si sta ricadendo nell’errore, come periodicamente accade da 80 anni.
Guai santificare una parte, demonizzando l’opposta, non considerando come l’azione volta a propinare verità assolute stimoli la ricerca della verità, ma a volte porti al revisionismo acritico, altrettanto fuorviante.
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In Versiliana è arrivato il generale ed europarlamentare Roberto Vannacci: pubblico delle grandi occasioni - record a tutti gli effetti per questa estate 2024 e, a detta di chi c'era, tanta gente così era dai tempi di Romano Battaglia che non si vedeva - applausi scroscianti, selfie e autografi a non finire. Nella sempre suggestiva location di Marina di Pietrasanta, si è tenuta la presentazione del secondo libro del generale – ora europarlamentare – più discusso d’Italia: Il coraggio vince. Vita e valori di un generale incursore, edito da Piemme. Si tratta di una vera e propria autobiografia del generale, dall’infanzia sino alle prestigiose imprese militari. Dalla quarta di copertina si legge: “un volume molto personale, che accompagna il lettore alla scoperta di un uomo che ha scelto di essere incursore in ogni momento della vita. Sempre in prima linea, protagonista di scelte imprevedibili e non convenzionali, capace di realizzare l’impossibile. Alla fine, il coraggio vince”.
Ad accompagnare Vannacci nella presentazione del libro, incalzandolo sapientemente e muovendosi tra vari argomenti, è stato il direttore delle Gazzette Aldo Grandi, giornalista professionista da oltre trent’anni. Perfetta l'organizzazione dell'evento, moltissime persone, altrettante in piedi, ma tutto si è svolto nella più completa correttezza. Un plauso alle ragazze che si sono occupate di accogliere e gestire i partecipanti all'evento. Un grazie al presidente della fondazione Versiliana Benedetti e dal vice-presidente Francesco Pellati che ha introdotto l'incontro. In prima fila anche il sindaco Alberto Giovannetti, presenza assolutamente gradita. Oltre ovviamente al braccio destro del generale ossia Massimiliano Simoni.
Nel corso della presentazione, durata un’ora abbondante, sono stati toccati vari argomenti, tra i quali anche alcuni di recentissima attualità, come la querela per l’offesa ricevuta da Vannacci da parte di Pier Luigi Bersani, l’articolo di Fabrizio Roncone sul Corriere della Sera o il tema dello Ius Scholae. Altri temi sono stati quello del sovraffollamento delle carceri, l’identità di genere e la libertà di espressione.
Sullo screzio con Bersani, colpevole di aver dato del “coglione” al generale nel settembre del 2023, durante una festa dell’Unità, Vannacci ha commentato «non avrei alcun problema a fare un passo indietro se lui si scusasse. Tant’è che prima di presentare la querela ho aspettato i fatidici 90 giorni, ma non ho ricevuto nemmeno una telefonata per chiarirci. Lui purtroppo pensa di essere in ragione, è tornato pure sulla questione delle mie presunte offese agli ebrei, cosa che a me pare totalmente infondata. Oltretutto sono in contatto con molte comunità ebraiche e nessuna di queste realtà mi hai recriminato alcunché. Stesso discorso per i gruppi di femministe, verso i quali sono stato sicuramente critico ma mai offensivo».
Parlando del suo primo libro, Il mondo al contrario, indiscutibile successo in termini di vendite e volume che ha fatto conoscere all’Italia – e non solo – i pensieri del generale Vannacci, «una delle tante critiche ricevute inerenti alla mia prima pubblicazione, si riferiscono alla banalità di alcuni dei concetti che avrei espresso. Non potrei essere più d’accordo. Il buonsenso è il faro che ha guidato la stesura di entrambi i miei libri. In certi punti, parlo di concetti talmente semplici che, a parer mio, non ci sarebbe nemmeno da ragionarci. Invece non solo se ne ragiona, ma si arriva a negare queste evidenze. Siamo arrivati ad un momento in cui si cerca di fare un’operazione pericolosissima, cioè far prevalere la percezione sulla realtà. La realtà è quella che vediamo tutti i giorni, quella delle leggi naturali che governano l’universo. La percezione potrà anche essere migliore, ma non potrà mai sostituirla. E se la percezione arriva a cozzare con la realtà, non possiamo nascondere quest’ultima e pretendere che non esista.
Sul tema delle carceri, «il mio è un ragionamento molto semplice: se abbiamo un problema di sovraffollamento delle carceri, dobbiamo costruirne di nuove o ampliare quelle che abbiamo. Purtroppo, si vuol far passare il carcere come dittatoriale, mentre la privazione della libertà e la successiva rieducazione sono l’espressione più pura della giustizia. Tutti i paesi civili fanno così. Certo che si possono ragionare anche pene alternative, ma non si può permettere che una persona sia in condizione di reiterare il reato mentre sta scontando la pena. I reati così detti “minori”, che in tempi recenti si sta cercando di svalutare per liberare spazio nelle carceri, sono quelli che affliggono quotidianamente i cittadini. Sono quelli che comportano una mancanza di sicurezza per i nostri figli. Ormai andiamo in giro con la costante paura che qualcosa possa succedere, secondo alcuni dovremmo addirittura farcene una ragione. Credo che pensarla in questo modo sia folle. Lo stato ha delegato il problema sicurezza ai singoli cittadini».
Infine, sulla questione dello Ius Scholae, «io ho vissuto in Francia fino all’esame di stato, poi sono andato in accademia in Italia perché mi sentivo italiano, in dovere e in passione di difendere la mia patria. Oggi dovrei essere cittadino francese perché ho fatto le scuole in Francia? Dovrei essere anche rumeno perché ho studiato due anni in Romania? Come scegliamo il numero necessario di anni? In base a cosa? Nella mente di chi ha fatto questa proposta è tutto a senso unico. Agli altri che studiano da noi la cittadinanza dovrebbe essere concessa, ma a noi all’estero non sarebbe permesso. In che modo il fatto di aver fatto un ciclo di studi in Italia conferisce il diritto di cittadinanza? La nazionalità comporta diritti e doveri. In che modo accetta questi doveri chi studia da noi? Per me alcuni criteri imprescindibili per la concessione della cittadinanza dovrebbero essere il rispetto della Costituzione e delle leggi, la contribuzione al bene sociale (le tasse) e ultimo ma non meno importante, il rispetto dell’art. 52 della Costituzione, la difesa della patria. In che modo chi studia da noi accetta automaticamente di difendere la patria? In Francia, ad esempio, puoi diventare cittadino francese arruolandoti per 5 anni dell’esercito. Difendi la Francia per 5 anni e diventi cittadino francese».
Aldilà di come la si possa pensare sull’uomo politico più popolare del momento e sugli ideali che rappresenta, va sicuramente reso merito a Vannacci di possedere una profonda chiarezza oratoria nell’esposizione dei concetti e di riuscire a sostenere un dibattito o una discussione mantenendo sempre una certa compostezza, anche di fronte a critiche – talvolta attacchi – più o meno appropriate.
Foto Lauro Lenzoni
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