Politica
Del Ghingaro-Tomei scrivono a Giani: "Viareggio contraria all'accorpamento degli istituti scolastici"
Il sindaco del Comune di Viareggio, Giorgio Del Ghingaro, e l'assessore alla Pubblica Istruzione, Gabriele Tomei, hanno inviato una lettera ufficiale alla Regione Toscana per esprimere forte contrarietà…

Forza Italia sempre più protagonista a Viareggio
In via Fratti si è tenuta infatti l'inaugurazione della nuova sede, alla presenza dell'Onorevole Deborah Bergamini, del Segretario provinciale Carlo Bigongiari e del Segretario comunale Vittorio Fantoni, insieme a numerosi iscritti e simpatizzanti

Lucca è un grande noi: "LuccArena: i soldi non ci sono, la cittadinanza è stanca della propaganda inutile"
'Lucca è un grande noi, lista civica' interviene il giorno dopo la presentazione dei lavori per la nuova arena dello sport al…

Accorpamenti di istituto, la contrarietà di Alfarano del Pd e di Lista Futura
Di fronte ad una normativa nazionale ancora cogente che impone accorpamenti di istituto vogliamo, in qualità di consiglieri del Partito Democratico e della lista Futura di due comuni…

Brigate rosso-nere
La sera dell’8 novembre 1978 ero in servizio di picchetto alla Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma, quando giunse un carro attrezzi con un’auto crivellata di colpi. Doveva essere sottoposta agli esami di rito da parte del Centro Carabinieri Investigazioni Scientifiche, antesignano dei C.S.I. “de noantri”, i RIS

Il comitato 10 Febbraio plaude all’installazione di una panchina tricolore a Lucca
“Apprendo con piacere che il 4 novembre scorso anche il Consiglio comunale di Lucca ha approvato l’installazione di una panchina tricolore. Un altro piccolo, ma importante tassello sulla…

Estate 2025: Viareggio cresce e convince. Turismo in salute nonostante le sfide meteo
Viareggio chiude la stagione estiva 2025 con numeri che parlano da soli: la città ha saputo attrarre, accogliere e fidelizzare i visitatori, confermandosi una destinazione turistica solida e competitiva, anche in un contesto nazionale segnato da flessioni significative

Viareggio, Simoni traccia la rotta: centrodestra unito, apertura al civismo e un sindaco espressione della città
In vista delle prossime elezioni amministrative, Massimiliano Simoni Consigliere Regionale Lega, delinea la strategia chiara per Viareggio: costruire una proposta compatta del centrodestra, capace di presentarsi agli elettori con una sola voce e con un progetto riconoscibile

Scudo penale e alabarda spaziale
La recente proposta targata Fratelli d’Italia, volta a mitigare gli automatismi perversi dell’atto dovuto, ha scatenato – ma era ovvio – il putiferio, con l’opposiuzione a strepitare contro…

Mozione in Consiglio sull'acqua, Bianucci: "La votazione ha reso evidente le spaccature all'interno della maggioranza, tra un mese scade la convenzione con GEAL e siamo al caos"
"Sul futuro del servizio idrico lucchese e della nostra acqua, le divisioni all'interno della maggioranza di destra sono ormai evidenti e l'Amministrazione comunale procede in…

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Quando capiamo il valore o la mancanza di una persona, di un oggetto, di denaro? Al momento in cui percepisci che quello che sta accadendo è irreversibile. La perdita della mamma, del figlio, dello stipendio, il cambiamento di un luogo a cui eri affezionato. Quando ti trovi lontano con l’incertezza che forse non lo rivedrai più e comunque non sarà come lo hai lasciato e come lo ricordi.
Non sono molti anni che ho lasciato l’Italia, la Toscana, la Sicilia, la mia Lucca, leggendo certi articoli o vedendo certi filmati rimpiango i bei momenti che ho passato lì. Mi sento fortunato ad aver avuto la possibilità di girare nelle vie di Lucca giovanissimo, senza la paura che qualcuno ci potesse far del male. Di giocare con i tappi della birra Peroni in improvvisate piste tracciate su una strada sterrata o sull’asfalto con il gesso rubato dalla lavagna della scuola. L’unico obbligo che c’era, era quello di tornare a casa prima del tramonto e di non aver fatto danni alle scarpe o ai vestiti.
Questo periodo che ritengo il più fortunato, il più vero, lo hanno vissuto quelli che ora hanno l’età di quattro volte venti. Lasciare l’auto vicino all’ingresso dei varchi per entrare in città, percorrere tutta via Fillungo, andare verso il Caffè delle Mura e incontrare gli amici e parlare del più e del meno, godersi il fresco nelle serate estive, fumarsi una sigaretta, ci dava la sensazione di essere più grandi e più fichi, quando le ore si facevano piccole, tornare indietro e fermarsi dallo “Sbracia” a mangiare la cecina.
Riprendere l’auto (ero tra i fortunati ad averne una mia) con la certezza che nessuno ti avrebbe disturbato o cercato di farti una rapina, al massimo qualcuno ti poteva chiedere una sigaretta o una monetina. Percorrere in bicicletta tutta la città, arrivare sulle mura urbane, specialmente in autunno con il lento cadere delle foglie, ascoltare il silenzio interrotto dal fruscio delle ruote o dal “ciacolare” delle persone, sentire il profumo di tabacco che usciva dalla Manifattura. Sedersi su una panchina di un baluardo, era come immergersi nella natura, cose del passato, forse ora sarebbe una cosa impossibile, ecco cosa abbiamo perso, il valore di questi momenti.
C’era quella sensazione di sicurezza che oggi non si avverte più. Non c’erano le abitazioni con le porte blindate, serrature di sicurezza, inferriate, sembra di essere in un carcere, il vivere nell’insicurezza crea tensione e la paura una cattiva esistenza. Non avevamo nulla o forse tutto, il tutto di oggi non rende i giovani e nemmeno le attuali generazioni felici essendo in una continua corsa verso il più, l’inutile, ad accondiscendere, non il tuo desiderio ma quello che ti impone la società moderna. Moderna di che? L’appiattimento dei valori, quelli veri, verso la società, verso il tuo prossimo, verso la nazione. Correre, correre verso cosa? Perché?
Le nuove generazioni rivendicano solo i loro diritti, ma i doveri li conoscono? Gli è stato insegnato che ci sono anche dei doveri? No, tutto è dovuto, verso di essi, secondo il loro pensiero, Il Comune, la Provincia, la Regione e il Governo hanno l’obbligo di mantenerli, di procuragli case, servizi e tutti i benefici possibili e rivendicabili, non pensando che le nazioni, indipendentemente dalla loro e qualsiasi religione, si basano sulla famiglia composta da un uomo, una donna e figli. Nei tempi passati i cambiamenti avvenivano nell’arco di decenni o di secoli, ora è bastato poco più di un decennio. L’allora sinistra già con cappotto in cashmere e borsello a tracollo, era davanti ai cancelli per portare sostegno agli operai in sciopero, ora è sul carro dei LGBTQ ecc. a cantare “bella ciao”.
Fino a qualche anno fa la pubblicità era curata da registi di un certo nome, ora non conta più il messaggio del prodotto, basta che ci sia una donna, la quale mostra le sue fattezze, un gay e un nero. Il mondo all’incontrario senza fare la pubblicità, non ne ha bisogno, al libro del Generale Vannacci. Le emittenti televisive, come i giornali, si dividono in due parti ben delineate, destra e sinistra, mentre la Rai dovrebbe essere al servizio di tutti, certi servizi o notizie, se non sono di gradimento dei capi di una ben allineata forza politica, è impossibile vedere: chiamalo servizio pubblico.
Con il libero accesso alle migliaia di rifugiati politici, dalle guerre, dalla ricerca di un lavoro, tutto questo grazie a certe idee baldracche, sostenute esclusivamente, non nell’interesse dei rifugiati, ma per favorire amici e amici degli amici della sinistra di vario colore, ma sempre cresciuta a base di caviale e salmone, le frontiere sono diventate colabrodo.. Dovevano entrare in Italia per pagarci le pensioni, invece, eccetto pochi lavoratori adoperati e sottopagati nell’agricoltura o nell'edilizia, il resto sono a spacciare nei parchi pubblici, nei pressi delle stazioni, vicino alle scuole, senza alcuna possibilità di intervento delle forze pubbliche, ridotte non solo nel numero, ma anche nelle regole di ingaggio. Devono prendersi offese, sputi, botte, hanno ragione i delinquenti, protetti sempre dai soliti buonisti al profumo di Chanel, involontariamente intascato.
Non vi aspettate di vedere in che stato sono ridotte le stazioni, i sottopassi delle metropolitane delle grandi città nei servizi a cura della televisione di stato, meno che mai da quelle governate dalla sinistra. Andate a vedere i servizi del “Il Cicalone” su YouTube per rendersi conto in che stato è ridotta l’Italia, ormai in mano alle bande di delinquenti di alcune nazionalità ben individuabili.
Da alcune settimane qui nella Republica domenicana stanno cercando di mettere mano alla situazione degli haitiani non in regola con l’Ufficio Immigrazione. Il governo ha dato mandato alla polizia di rimpatriare diecimila haitiani a settimana, cioè quasi 50.000 in un mese. Da tenere presente che solo gli haitiani lavorano nelle costruzioni, in agricoltura, in tutti i lavori pesanti, che i dominicani non vogliono fare.
In queste retate sono compresi anche quelli che hanno un lavoro fisso, si sono fatti una casa, una famiglia, hanno figli, si sono integrati, ma non vogliono far decadere la loro residenza in Haiti e prendere la cittadinanza dominicana, però vogliono usufruire gratuitamente degli ospedali e cure a carico dello stato. Come una medaglia ha la sua faccia e questo ha creato una notevole difficoltà nelle costruzioni, negli allevamenti, nella raccolta dei prodotti agricoli. Una cosa è certa, che non si vede più in giro un haitiano, sono nascosti o nelle loro case o in quelle dove hanno il lavoro fisso. Qualche partito di minoranza ha provato a dire qualche cosa al governo attuale, è stato subito stoppato.
In Italia non sarebbe possibile attuare una forma simile anche per motivi di nazionalità nel rimpatriare tutte le persone che non hanno fissa dimora o non registrati o trovati a delinquere. Ci sarebbe la rivolta dei sinistrorsi, della chiesa e dell’Europa, rovinata da quella scappata di casa che nemmeno i tedeschi vollero nel loro governo e la mandarono a fare danni in Europa. Ma chi di spada ferisce, di spada perisce, vero Germania? Con tutti i problemi che ti stanno piovendo addosso dopo aver fatto la voce grossa contro tutte le nazioni che formano l’Europa.
Voglio augurare ai giovani di oggi un futuro migliore, povero ma bello come il nostro che non tornerà più, senza farsi cuocere il cervello da una certa stampa o informazione televisiva, è importante farsi le propri convinzioni su basi solide leggendo libri di valore antico, certo e formativo, altrimenti e fuffa su basi effimere dettate da false pubblicità.
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Un nuovo attacco terroristico scuote la capitale turca, con una serie di esplosioni e scontri a fuoco presso la Turkish Aerospace Industries (Tusas). Non si tratta di un evento casuale: colpire l’industria aerospaziale significa colpire il cuore della produzione tecnologica e militare della Turchia, un Paese che negli ultimi anni ha consolidato la sua presenza come attore chiave nel settore degli armamenti. Le ipotesi sono tante, ma tutte puntano a una strategia ben studiata che va oltre la semplice azione terroristica. Secondo le prime ricostruzioni, l’attacco è stato sferrato da un gruppo di aggressori, uno dei quali si è fatto esplodere, permettendo agli altri di infiltrarsi nel complesso industriale. Le forze di sicurezza sono intervenute prontamente, ma la situazione è ancora tesa, con le autorità che parlano di morti, feriti e la presenza di ostaggi all'interno della struttura. Il ministro degli Interni Ali Yerlikaya ha confermato che si tratta di un attacco terroristico, aggiungendo che “purtroppo, abbiamo avuto martiri e feriti”.
È evidente che l’obiettivo dell’attacco fosse più che simbolico: la Tusas rappresenta il fulcro dello sviluppo di tecnologie aerospaziali e difensive, inclusi i famigerati droni che hanno permesso alla Turchia di giocare un ruolo di primo piano nei conflitti regionali, dalla Siria alla Libia. L’industria aerospaziale è il fiore all’occhiello dell’ascesa militare turca, con commesse internazionali che hanno fatto invidia a molti Paesi occidentali. Attaccarla equivale a lanciare un messaggio chiaro: fermare o almeno rallentare la crescita di un Paese che si è ritagliato uno spazio autonomo sulla scena globale, senza dover sottostare al controllo di Bruxelles o Washington.
E qui si entra nel vivo della questione geopolitica. La Turchia, pur avendo da anni una relazione controversa con l’Unione Europea, non è mai stata inserita tra i membri a pieno titolo. E forse non è nemmeno un caso. Essere fuori dall’UE permette ad Ankara di giocare su più tavoli, mantenendo una certa autonomia che la colloca alla pari di potenze come l’Iran. A differenza dei Paesi comunitari, infatti, la Turchia può sviluppare alleanze flessibili e spesso contraddittorie: un giorno dialoga con Mosca, il giorno dopo si allinea a Washington, mentre nel frattempo continua a rafforzare i suoi legami economici con il mondo arabo e a trattare con Pechino. Questa libertà di movimento, che Erdogan ha sfruttato abilmente negli ultimi anni, ha portato Ankara a essere considerata un partner scomodo, ma indispensabile. Non fa parte dell’UE e, per molti versi, questo le giova. Può infatti aggirare le rigide normative comunitarie sul commercio delle armi, negoziare contratti e alleanze in modo più aggressivo e mantenere un ruolo di bilanciatore nel Mediterraneo orientale. E proprio questa flessibilità è ciò che i nemici di oggi vogliono indebolire.
Ma chi potrebbe essere interessato a colpire così duramente la Turchia? Le ipotesi sul tavolo sono tante. Potrebbe trattarsi di gruppi radicali interni che, vedendo l’ascesa del controllo militare di Ankara, hanno deciso di sfidare apertamente il potere di Erdogan. O, forse, dietro questa azione si nascondono attori esterni che vogliono minare la stabilità di un Paese che continua a espandere la sua influenza, specialmente in settori strategici come quello militare e delle tecnologie avanzate. Non va dimenticato che la Turchia si è recentemente inserita in numerosi contesti di crisi, dalla Siria al Caucaso, facendo spesso leva sulla sua industria bellica per consolidare alleanze e deterrenze. Questo attacco, dunque, potrebbe rappresentare una risposta ai successi recenti di Ankara: un modo per dire che la partita è tutt’altro che chiusa.
Qualunque sia la matrice di questa azione, una cosa è certa: si tratta di un atto di sfida che il presidente Erdogan non potrà permettersi di ignorare. L'attacco alla Tusas non è solo un colpo alla sicurezza nazionale, ma anche un segnale ai partner e ai rivali internazionali che la posizione della Turchia non è ancora consolidata. La reazione del governo sarà quindi decisiva per capire come Ankara intende rispondere a questa provocazione, e se cercherà di rafforzare ulteriormente la sua industria di difesa o se, al contrario, si vedrà costretta a riconsiderare le sue mosse strategiche. Il fatto che questo attentato sia avvenuto alle porte dell’Europa, anche se al di fuori dei confini dell'Unione, sottolinea come le dinamiche di sicurezza si estendano ben oltre i confini ufficiali. Un attacco di questa portata in territorio europeo rappresenta non solo una questione di sicurezza per la Turchia, ma un possibile allarme per tutti quei Paesi che, direttamente o indirettamente, si trovano coinvolti nelle complessità geopolitiche della regione. Sta di fatto che, oggi, l’esplosione alla Turkish Aerospace Industries ci racconta molto di più di un semplice attacco: ci svela gli equilibri sottili e le tensioni che si celano dietro le scelte strategiche di un Paese che, volente o nolente, continuerà a far parlare di sé.


