Politica
Bartolomei: "Il numero unico di pronto intervento sociale rappresenta un passo in avanti in termini di presenza e di efficacia dei nostri servizi sociali"
La consegna del numero verde unico di pronto intervento sociale (SEUS) agli operatori sociali e sanitari dei comuni della Piana di Lucca rappresenta un passo in avanti per il…

Difendere Lucca incontra i cittadini del Piaggione: sul piatto viabilità, sicurezza e infrastrutture
Una delegazione di Difendere Lucca ha incontrato giovedì 26 giugno i residenti…

La politica e i cattolici
L'Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici fu costituita nel lontano 1871. Vent'anni prima che Papa Leone XIII promulgasse la Rerum Novarum, la prima enciclica sociale della Chiesa,…

Turismo a Lucca, la consigliera regionale Mercanti (Pd): “Stop all’eventificio e all’improvvisazione del Comune, serve una regia”
"A Lucca manca una regia pubblica capace di costruire un'offerta culturale che dia continuità all'attrattività della città anche nei periodi in cui non ci sono grandi eventi. Senza…

"Santa Maria a Colle dimenticata": la denuncia di Lucca Civica
Lucca Civica torna a segnalare con forza lo stato di abbandono che colpisce i paesi del territorio comunale. In particolare a Santa Maria a Colle si stanno moltiplicando…

Perché a 60 anni?
Il recente lutto che ha colpito la Famiglia del brigadiere Legrottaglie e quella dell’Arma, ha visto immediatamente scatenarsi qualche Solone che – pur di far parlare di sé…

Forza Italia chiede l'stituzione della Consulta dei Giovani di Lucca
Il gruppo consiliare di Forza Italia ha presentato martedì 24 giugno una proposta di regolamento per l'istituzione della Consulta dei Giovani del Comune di Lucca, uno…

Terra in pace
"Pace in Terra è il titolo dell'enciclica firmata, nell'aprile del 1963, da Giovanni XXIII, un Papa che, a dispetto del suo pur breve pontificato, ha lasciato in eredità alla Chiesa il Concilio Vaticano II, oltre ad un opera pastorale e dottrinaria che ha avuto, in seguito, pochissimi emuli

Ho Ci Min… il nuovo
Nel maggio del 1968 prese vita, per poi dilagare in tutto il mondo, quella che è passata alla storia come la "contestazione studentesca"

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Al solito, le polemiche sull’Ordine Pubblico non risparmiano nessuno, e per abitudine, se i pezzi in ballo sono importanti, credo sia bene riflettere. Non lo fa chi chiede cariche da cosacco a sciabolare e calpestare la folla, da chiunque sia composta, e neppure giornalisti come la Cusani che – provocando – decide che vietare la manifestazione è stato un modo per far perpetrare reati e poi arrestare i poveri dimostranti che magari hanno solo divelto qualche cartello stradale per sfondare il cranio a un esponente dell’odiato ACAB (All Cops Are Bastards, per capirci, ove il COP sta per Chief Of Police, o COPPER, popolare nomignolo dato ai policeman d’America un tempo, quando avevano i bottoni di rame (Copper) sulle giubbe bleu-navy).
Non poteva quindi non suscitare reazioni la posizione del Presidente della Repubblica che si è congratulato col ministro dell’Interno per come si son comportati gli agenti. È stato tradotto il tutto con il concetto che al Presidente vada bene che gli uomini delle FF.O. si prendano le mazzate, vadano in ospedale, magari messi pure male. Tutto piuttosto che rompere le ossa ai dimostranti, o riattivar loro la circolazione con una buona razione di manganellate.
Orbene, che doveva dire? Come 1° cittadino non poteva augurarsi massacri del tipo Piazza Tienanmen. Siamo uno stato di diritto, e deve auspicare che la legge la faccia da padrone. E la legge prevede che chi ha violato le norme venga individuato, indagato, processato e giudicato. Ci sono polizia e magistratura.
Il discorso, a ben pensarci, è perfetto.
Un tempo i comportamenti di piazza esagerati, sullo stile di hooligans del calcio e black blocks della politica, attiravano comune riprovazione, da destra e da sinistra. Oggi questo approccio equilibrato è saltato, soprattutto da quando la sinistra ha deciso di fare la sinistra (a modo suo), rinnegando il “renzismo” che, se non altro, aveva un po’ di equilibrio. E anche il comunismo dell’ordine di Togliatti, Berlinguer, Pecchioli, per cui con 40 poliziotti feriti, scopriamo che per la Schleyn la manifestazione sia stata prevalentemente pacifica. Già perché la nostra candida vispa Teresa non li conosce, e chi la sostiene – o sosterrebbe – nell’ipotesi del campo largo, idem. Loro vedono solo belli e bravi giovani pieni di “bei presentimenti”, come direbbero Cochi e Renato.
Mattarella, che doveva dire? A mio parere ha tutelato l’Italia e la sua immagine internazionale. C’era chi non aspettava altro che proclami truculenti di esponenti di destra, invocanti “santo manganello” e olio di ricino. Con la sua fredda e pacata esternazione ha dato un segnale, chiedendo equilibrio. E se avesse dato a intendere – vagamente – di chiedere la testa dei dimostranti criminali, l’avrebbero accusato di essersi fatto cooptare nella compagine governativa. Tanto, di questo passo, la sinistra la fossa se la scava da sola.
Quindi l’unica via da percorrere – e non poteva essere altrimenti – è quella della legge. Coi suoi “Peccato!”
Peccato che nelle FF.O., col sistema delle informazioni pre-arruolamento, non possa esservi ammesso chi professa idee sovversive dell’ordine costituito, chi sta coi black blocks, ad esempio, chi aggredisce i rappresentanti dello Stato. Nella magistratura – rarissimi, residuali i casi di chi di fatto si ponga contro lo Stato, beninteso, ma capaci con una sentenza di creare un gran danno – può accadere. E magari se ti mettono spalle al muro con prove inoppugnabili, dici pure che stavi lì per evitare che la folla picchiasse i poliziotti. E non si dica che ci son gli appelli e i tre gradi di giudizio! Portan via tempo, denaro, e a volte non trovi più l’assolto che da assolvere non era.
Peccato che si faccia un casino della miseria per CASAPOUND che occupa un palazzo, e dalla stessa parte non si dica nulla per analoghe prodezze dei Centri Sociali.
Peccato che una volta che condanni quattro scalmanati, responsabili di aver devastato una città, come nullatenenti non paghino nulla. Basterebbe prevedere che in carcere siano messi a lavorare, risarcendo col frutto del loro sudore pubblico e privato che son stati loro vittime. Del resto – lo so son ripetitivo, ma.. “repetita iuvant”, siamo una Repubblica fondata sul lavoro, e allora cosa ci sarebbe di più nobile di mettere questi 4 mascalzoni, con rituale palla al piede (metaforica.. oggi c’è la cavigliera-braccialetto) che fa tanto galeotto da fumetto, a spaccare pietre, o riverniciare e riparare ciò che han distrutto?
Insomma … Peccato! E non sarebbe finita, ma credo abbiate altre cose da fare, che leggermi.
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Durante la sessione plenaria del Parlamento Europeo, il premier ungherese Viktor Orban ha affrontato un clima di scontro acceso, culminato con una singolare contestazione. Un gruppo di eurodeputati della Sinistra, insieme a esponenti dei Verdi e dei Socialisti, ha intonato “Bella Ciao” al termine del suo intervento, manifestando apertamente dissenso. Un gesto che ha evocato immagini da stadio, più che un dibattito politico in un’aula istituzionale, e che ha suscitato la reazione della presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola.
Orban, intervenuto per illustrare le priorità della presidenza ungherese al Consiglio dell’Unione Europea, ha toccato temi chiave che riguardano l’intero blocco europeo. In particolare, ha posto l'accento sulla questione dei flussi migratori incontrollati, sottolineando la necessità di difendere le frontiere europee attraverso misure drastiche come la creazione di hotspot esterni per i richiedenti asilo.
“Il sistema di asilo attuale non funziona – ha dichiarato Orban – e l’immigrazione clandestina ha alimentato violenza contro le donne, antisemitismo e omofobia”. Ma tra i vari nodi evidenziati dal premier ungherese, vi è anche la crisi del mercato automotive, che coinvolge pesantemente non solo l’Italia, ma tutta l’Europa. Orban ha ricordato come le politiche ambientaliste, sempre più aggressive, stiano infliggendo colpi letali a settori strategici dell’economia europea.
La transizione ecologica, spesso sbandierata come un imperativo categorico da parte di alcuni leader europei, viene accusata di ignorare le difficoltà che queste scelte impongono ai cittadini e alle imprese, in particolare nel comparto dell’automobile. Il caso dell’Italia è emblematico: il crollo delle vendite, la chiusura di stabilimenti e il ridimensionamento di migliaia di posti di lavoro, in nome di obiettivi climatici che rischiano di aumentare ulteriormente i costi della vita. Nel suo intervento, Orban ha citato Mario Draghi, sottolineando che l'Europa si trova in una fase di "lenta agonia" e che è necessaria una profonda riflessione sulle scelte strategiche, pena il fallimento.
La sua presa di posizione sulla guerra in Ucraina ha provocato ulteriori tensioni. Orban ha lanciato l’allarme sul fallimento della strategia attuale: “Stiamo effettivamente perdendo in Ucraina – ha affermato – e se vogliamo vincere dobbiamo avere il coraggio di ammetterlo e cambiare strada”. Il premier ungherese ha ribadito l’urgenza di un cessate il fuoco e di una nuova fase diplomatica per evitare ulteriori perdite umane.
Le critiche a Orban non si sono fatte attendere. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha risposto duramente, puntando il dito contro le politiche migratorie e di sicurezza dell’Ungheria. Ha denunciato il rilascio anticipato di trafficanti di esseri umani da parte delle autorità ungheresi e ha criticato la cooperazione del Paese con la Russia e la Cina, giudicandola un rischio per la sicurezza europea.
“Questo non è proteggere la nostra Unione – ha dichiarato von der Leyen – ma aprire una porta sul retro all’interferenza straniera”. Sul piano politico interno, la presidente della Commissione ha sottolineato il rischio di derive autoritarie nel Paese magiaro, accuse che Ilaria Salis, eurodeputata di AVS e nota attivista, ha ribadito nel suo intervento. Salis, che ha trascorso 15 mesi in carcere in Ungheria, ha definito il governo di Orban un "regime repressivo" e "autoritarismo etnico", evocando un quadro cupo dello stato dei diritti umani in Ungheria.
La risposta di Orban non è stata meno dura: “È assurdo che parli di diritti chi, come Salis, ha commesso atti di violenza contro cittadini pacifici a Budapest”. In questo clima di tensioni e di accuse reciproche, la contestazione simbolica con "Bella Ciao" accende il dubbio sull'efficacia e la profondità del dibattito politico. La canzone, storicamente legata alla Resistenza italiana, ha assunto i connotati di un gesto retorico che, se da un lato denuncia simbolicamente un presunto autoritarismo, dall’altro sembra rappresentare l’occasione per sfuggire ai temi concreti che preoccupano milioni di cittadini europei.
La crisi economica, la pressione migratoria e il collasso di settori industriali fondamentali, come quello automobilistico, impongono risposte ben più articolate e concrete di un canto. E per l’Europa che si confronta con sfide globali senza precedenti, il rischio è che il dibattito si trasformi in una ennesima sterile contrapposizione ideologica, allontanandosi sempre di più dalle preoccupazioni reali dei cittadini. Orban, pur rappresentando una visione spesso criticata e controversa, sta indubbiamente sollevando questioni che sono percepite come urgenti da ampi strati della popolazione europea, come la necessità di ristabilire un controllo sui flussi migratori e di evitare il tracollo economico causato da politiche ambientali non sostenibili per tutti.
Ma alla fine, è davvero democratico contestare a uno Stato membro il diritto di esercitare il semestre di presidenza dell'Unione Europea? In un’aula dove si intona con fervore “Bella Ciao”, simbolo di libertà e resistenza, fa sorridere che subito dopo si tenti di escludere un Paese dalle sue prerogative istituzionali, quasi come se stonasse nel “grande coro europeo”. Come ha scherzato Metsola: “Non siamo all’Eurovision… sembra la Casa di Carta”. E per fortuna, altrimenti chi non canta la stessa canzone rischierebbe davvero l'eliminazione! L’Unione Europea non può suonare solo le note preferite solo da un certa parte dell’emiciclo che ospita le eccellenze canore. Deve piuttosto accogliere anche qualche dissonanza, senza bollarla come "fuori tono", nonostante i giudizi della direttrice d'orchestra Ursula von der Leyen. In fondo, un po' di varietà renderebbe l'ensemble europeo non solo più interessante, ma decisamente più orecchiabile per i cittadini del vecchio continente stanchi di subire e soprattutto di pagare.