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Riceviamo e pubblichiamo la sesta lettera che i preti della città (fatta dalle parrocchie di Arancio-San Filippo, Centro Storico, S. Anna, S. Concordio-Pontetetto, S.Donato, S.Marco-SS. Annunziata, S.Vito) hanno scritto e desiderano continuare ad inviare, ogni settimana per il Tempo di Avvento e Natale, alla città:
Cari fratelli e sorelle,
Il calendario porta inevitabilmente a confrontarsi con l’anno uscente , contro il quale tanti si scagliano sui social quasi a trovare un simbolico capro espiatorio per tutto quello che è successo, e quello entrante con i suoi “segni di speranza” , virtù alla quale il nostro Arcivescovo Paolo, nella sua lettera d’Avvento, ci chiede di esercitarsi, ma anche di dubbio ed incertezza, aspetti che rendono più difficile slanciarsi nel festoso clima dei brindisi e degli auguri.
Crediamo che ciascuno di noi , col consueto bilancio annuale, potrà cogliere, oltre agli aspetti negativi che spesso balzano agli occhi con più forza, anche cose buone e, nell’insieme, esperienze, pur difficili, che ci hanno segnato profondamente ed anche costretto , a volte, ad uscire da una certa frenesia e superficialità nel gestire il nostro tempo ed il rapporto con gli altri, mettendoci in seria discussione : sono questi i “segni di speranza” che, paradossalmente l’anno scorso ci lascia, speranza di cambiare stile di vita nella prospettiva di una maggiore umanità.
Nel Tempo di Natale la Chiesa , subito dopo il 25 dicembre, ricorda alcuni testimoni, «martiri» dal greco, Santo Stefano, i Santi Innocenti e San Tommaso Becket.
Alla loro testimonianza si aggiunge, è di questi giorni la notizia della prossima beatificazione, quella del “giudice ragazzino” Rosario Livatino “martire della giustizia”, evento molto significativo non solo per la sua città, ma per tutta la Chiesa e la comunità civile.
A questa testimonianza ecclesiale e civile vissuta in modo eroico viene spontaneo accostare quella resa da tante donne e uomini, soprattutto medici ,infermieri, personale ospedaliero e volontari, che, particolarmente in questa pandemia, si sono fatti prossimo nel 2020 e tuttora alla precarietà fisica e spirituale di tante persone anche rischiando o perdendo la vita.
Sono tutte persone che potremmo definire «segnate dalla speranza» e guardando al loro esempio possiamo trovare il giusto spirito per iniziare con slancio il dono del nuovo anno senza cedere alla tentazione di ripiegarci ancora di più su noi stessi.
Ciascuno di noi, infatti, può essere portatore di un originale e creativo apporto di speranza da offrire alla città e alla famiglia umana, anche in questo tempo così particolare, così come ci ricorda il Vescovo Paolo : «un pezzettino di Regno è affidato anche a te; se lo desideri e ci speri, comincia a realizzarlo! Forse le tue azioni non producono grandi cambiamenti, ma la speranza aiuta ad aver fiducia che nulla di buono va perduto»(Lettera d’Avvento : “Andrà tutto bene?”) perché inizi ,come tutti auspichiamo, veramente un “buon anno”.
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Pubblichiamo l'intervento di Eugenio Baronti, ex amministratore pubblico e a lungo impegnato in politica, sul futuro della ex manifattura tabacchi all'interno del centro storico:
Il destino, meglio, la destinazione d’uso di un contenitore della dimensione della ex manifattura avrà una grande ricaduta sul futuro della città, può rappresentare un’opportunità per il suo riscatto oppure una irripetibile occasione persa, il colpo di grazia finale ad una città che ha lentamente smarrito la sua identità. La città racchiusa dentro le sue mura si è progressivamente trasformata in città vetrina, città museo, e ha perduto, nel corso dell’ultimo mezzo secolo, la sua funzione residenziale e di conseguenza ha perso tutte quelle attività artigianali e commerciali e funzioni legate alla residenza.
Pochi abitanti e sempre più vecchi, sempre meno appartamenti destinati alla residenza sempre più seconde case, residenze di prestigio, B&B e un continuo cambio di destinazione di vecchi negozi trasformati in tanti “mangifici” di ogni tipologia di cui ormai è piena all’inverosimile la città. Tutto questo è potuto succedere, e succede anche oggi, perché la politica è diventata il luogo delle chiacchiere e del vorrei, ma non posso, ha perduto capacità di controllo e di indirizzo per promuovere il bene comune e l’interesse generale, nel nome di una intera città.
Il recupero della funzione residenziale del centro storico è una priorità assoluta, e non da oggi. Riportare dentro l’alborato cerchio residenti, famiglie, giovani, bambini, è l’unica via per il recupero di ruolo, funzioni e identità del centro storico. Una città museo è una città svuotata di senso, di bellezza, di tradizioni, di tipicità, una città squilibrata con una piccola zona “forte” piena di vetrine luminose di negozi uguali ad ogni altro centro di una città qualsiasi che fa da contraltare ad una sempre più grande zona con tante saracinesche abbassate che trasmettono un senso di decadenza.
Che c'entra la manifattura in tutto questo? C'entra eccome!! Un grande contenitore urbano da recuperare può contestualmente rispondere a tanti bisogni ed esigenze, può avere una destinazione d’uso polifunzionale, può essere un ottimo contenitore di progetti per fare rinascere la città, renderla più viva, attrattiva, accogliente.
In nome dell’interesse generale, il progetto di riqualificazione e rigenerazione della ex manifattura dovrebbe dare la massima centralità allo spazio pubblico, creando luoghi che facilitino la socializzazione, servizi innovativi ai cittadini e imprese, luoghi più accoglienti, energicamente efficienti, in rete con tutta la città e la sua periferia.
Tra questi progetti non può assolutamente mancare una risposta efficace alla domanda di edilizia residenziale sociale; in questo immenso contenitore urbano c’è lo spazio sufficiente anche per riportare a vivere in città nuove famiglie giovani e per farlo non servono privati, project financing, servono amministratori coraggiosi che, partecipando ai bandi regionali di edilizia sociale ed agevolata, presentano un progetto pilota per la città di Lucca per costruire un nuovo modello dell’abitare capace di legare inscindibilmente insieme la qualità dell’edificio, il confort che esso offre, la qualità e la sicurezza dei materiali usati, l’efficienza energetica, con la qualità sociale dell’abitare.
Un progetto pilota di Co-housing che mette insieme domande e bisogni sociali diversi, per evitare di creare nuovi ghetti, offrendo alloggi pubblici e privati con a disposizione spazi e servizi comuni per favorire relazioni umane, legami intergenerazionali, scambi solidali e mutualistici di servizi. Per creare una nuova cultura dell’abitare per il futuro, che contrasti l’individualismo sfrenato contemporaneo che crea solitudine e fragilità sociale, c’è bisogno di amministratori coraggiosi e innovativi che sappiano cogliere al volo le opportunità che si presentano e, la ex Manifattura, è sicuramente una di quelle opportunità storiche che perderla sarebbe un delitto.
Il progetto di COIMA presentato e meno male accantonato, speriamo per sempre, era a dir poco umiliante per tutta la città. Destinare enormi spazi a parcheggi per decenni, anzi per mezzo secolo è stata una vera follia, solo a parlarne. Pensare al un futuro riproponendo la “dittatura dell’auto privata” a cui deve essere sacrificato e subordinato ogni angolo e spazio della città è indecoroso per un’amministrazione che si definisce progressista, dimostra di essere ancora prigioniera dell’aspetto peggiore della vecchia cultura novecentesca, quella cultura che trasformò le mura, il suo monumento più prestigioso, nella circonvallazione e in parcheggio per le auto. Oggi, siamo in un’altra epoca storica e questi continuano ancora a pensare ad una città contro l’uomo e al servizio dell’auto privata. Se poi a questo si aggiunge il progetto ANAS degli assi viari la frittata è servita e c’è di che vergognarsi.